Seconda e ultima puntata della nostra mini-storia su quello che è stato definito lo “scippo” di Torre Nord, ovvero l’apparentemente inspiegabile abbandono, da parte del Governo dei programmi che si era dato, attraverso diversi strumenti legislativi, per evitare la crisi nei territori di Civitavecchia e Brindisi alla luce dell’annunciato abbandono della produzione di energia attraverso il carbone. Abbiamo visto come, ancora nel 2023, tutto fosse stato predisposto affinché i due territori fossero oggetto di un Contratto di sviluppo, da sottoscrivere tra i Ministeri interessati, la Regione Lazio, il Comune e Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attuazione degli investimenti e sviluppo d’impresa, individuando inoltre precise risorse di finanziamento.
Sarebbe poi dovuto nascere, sempre sulla base di quanto disposto, un “Comitato di coordinamento”, per individuare soluzioni per il rilancio delle attività imprenditoriali, la salvaguardia dei livelli occupazionali e il sostegno dei programmi di investimento e sviluppo imprenditoriale” dell’aree industriali di Civitavecchia e Brindisi”. Il contratto di sviluppo consente un ruolo attivo del Ministero nella gestione e nell’attuazione dei programmi di investimento e l’attivazione di finanziamenti pubblici. E in stretta coerenza con un simile percorso, arriva da ultimo l’articolo 1 comma 389 della Legge Finanziaria per l’anno 2023 disposto a seguito di un emendamento presentato ancora una volta dai parlamentari dei due territori interessati, gli onorevoli Battilocchio e D’Attis, ai quali si aggiunge l’onorevole Cannizzaro, che per il finanziamento dei contratti di sviluppo per Civitavecchia e Brindisi, e in particolare per il progetto di risanamento e di riconversione delle due centrali a carbone, autorizza la spesa di 100mila euro per l’anno 2023 e di 500mila euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Quindi, l’indirizzo assunto formalmente a fine 2022 dall’attuale Governo e dalla sua maggioranza era chiarissimo: a Civitavecchia doveva essere promosso un Contratto di sviluppo finalizzato a favorire l’attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, mediante finanziamenti o contributi pubblici e – come prevede la normativa – una gestione affidata all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia, che opera sotto le direttive ed il controllo del Ministero dello sviluppo economico. Tutto ciò a cominciare dalla definizione di un progetto di risanamento e di riconversione della centrale già finanziato, come da previsioni della Legge Finanziaria 2023. Adesso, alla luce di questa ricostruzione dei fatti non è possibile non porsi alcuni interrogativi. Il primo: perché per Civitavecchia non si parla più di Contratto di sviluppo, né di finanziamenti pubblici e né di un ruolo diretto nella gestione dell’intervento da parte di Invitalia? Il secondo: cosa è accaduto nel corso di questo ultimo anno perché il Ministero assumesse tutt’altro orientamento, rinunciando al ruolo di guida e di gestione dei programmi di investimento, lasciando a Enel tutta la gestione dello scouting per il post carbone? E infine: cosa ne pensa il Governo del fatto che una transizione così rilevante e complessa non venga governata secondo le previsioni di legge adottate e che dopo 70 anni un’azienda a controllo pubblico come Enel si disponga ad abbandonare Civitavecchia?
1 Comments
Marco g
Come sempre Civitavecchia deve scegliere in fretta qualcosa che possa lenire il ricatto occupazionale, e si rischia di passare da una Servitù ad un’altra.
Il Governo, e la Regione preferiscono altri territori su cui far cedere investimenti e lavoro decoroso e pulito.
Enel aspetta che venga tirata per la giacca e con i soldi pubblici vengano pagati almeno due gruppi a riserva fredda per un paio di anni.
E’ il fallimento dei governi di destra Nazionale e regionale.
In ultimo il nostro gigione Senatore Battilocchio Forza Italia dimostra tutta la sua assenza e irrilevanza.