L’economia del mattone, proliferata nell’immediato dopoguerra della ricostruzione e negli anni ’70 e ’80 quando Civitavecchia visse il boom della costruzione di case popolari e in cooperativa, non esiste quasi più, praticamente semidistrutta. A oggi sono centinaia i posti di lavoro andati in fumo in un settore che per anni ha rappresentato l’elemento principale dell’economia civitavecchiese, con le imprese edili che davano lavoro agli artigiani, in particolare idraulici, falegnami, elettricisti, fabbri, oltre, naturalmente, ai loro dipendenti, ovvero carpentieri, muratori e manovali.
Per non parlare, poi, delle aziende che vendono i materiali necessari alla costruzione di immobili. E per non parlare, infine, del resto dell’economia cittadina, che ha potuto beneficiare, proprio grazie al mattone, di periodi di particolare prosperità, con la disoccupazione a livelli inferiori alla soglia del 10% e con gente che poteva permettersi di spendere. Ma, da dieci anni a questa parte, sul settore edile è piombato il buio. Un buio profondo, solo in parte squarciato dai subappalti guadagnati dalle imprese locali nei lavori di ampliamento del porto. Per il resto, il nulla, a parte qualche fabbricato di completamento del piano di zona di San Liborio. Nel corso degli ultimi anni si è parlato più volte, ma finora non si è mosso nulla, di interventi sui piani di zona 4, 10 e 11. Anche le ristrutturazioni sono ridotte ai minimi termini. Qualcuno punta l’indice contro l’amministrazione comunale, che, magari senza annunciarlo apertamente, ha deciso di non consentire più interventi di carattere edilizio nel territorio. La situazione attuale parla di centinaia di lavoratori a spasso, di aziende sull’orlo del fallimento. Gli stessi rivenditori di materali edili sono sull’orlo della chiusura, o hanno dovuto drasticamente diminuire gli organici a fronte di un fatturato diminuito in qualche caso dell’80%. E quello che spaventa, in questa situazione, è l’assoluta mancanza di prospettive. Se in città è tutto fermo, anche al porto si vive una situazione di stallo totale. Qualcuno spera in possibili interventi dell’Ater che dovrebbero iniziare a breve, ma per il resto all’orizzonte non si vede nulla, né accordi con Italcementi, né, tanto meno, progetti di recupero urbano che in altre realtà italiane hanno dato fiato all’economia del mattone. Un’economia che rischia veramente di morire, insieme a una città che, come abbiamo visto dai report demografici, sta facendo registrare paurosi passi indietro.