Dopo la vice presidente, anche le lavoratrici dell’Arcobaleno lanciano un sos nel disperato tentativo di salvare la struttura dalla chiusura. In una lettera, le lavoratrici chiedono alle istituzioni di mettere in campo ogni risorsa per mantenere vivo il centro diurno, senza escludere nessuno, senza perdere alcun reddito ma attuando politiche finalizzate al benessere ed all’attenzione comune. Leggi la lettera.
“Lavorare al centro diurno “Arcobaleno” è un’esperienza irripetibile, professionalità e affettività ci hanno permesso di crescere professionalmente e umanamente. Un’affettività manifestata con ogni mezzo possibile anche in quei casi in cui la comunicazione è estremamente ridotta dalla disabilità. Di ognuno dei ragazzi conosciamo il nome, la vita, la storia, le necessità: a noi non importa quali siano le patologie o l’origine delle loro difficoltà perché per noi ognuno di loro è un essere umano. Chi, come noi, svolge una professione di aiuto alle persone in stato di bisogno sa che le nostre conoscenze e competenze non possono essere finalizzate all’esclusiva produzione del reddito, per svolgere il nostro lavoro è necessario soprattutto avere attenzione per l’altro, prendersene cura, saper accogliere, integrare ed includere in un reciproco scambio di esperienze tra pari. Altrettanto vero è che il nostro reddito va difeso perché anch’esso finalizzato al poter vivere con dignità: la chiusura dell’Arcobaleno ci priverà del nostro lavoro, sarà motivo di regressione delle abilità acquisite dai ragazzi e dall’impossibilità di garantire una serena prospettiva sul “dopo di noi”. Chiediamo alle istituzioni di mettere in campo ogni risorsa per mantenere vivo questo spazio, nessuno dovrà essere escluso, nessun reddito perduto, chiediamo alle istituzioni di attuare politiche finalizzate al benessere e all’attenzione comune, chiediamo che i risparmi vengano effettuati facendo scelte responsabili e socialmente utili”.
Le lavoratrici del centro diurno l’Arcobaleno