Una tempesta perfetta. E per giunta, una tempesta elettrica. Se la chiusura della centrale di Torre Valdaliga Nord incombe su tutto il territorio, è sui sottostanti parcheggi delle auto da immatricolare che si stagliano ora le ombre più scure, e non ci si riferisce alle ciminiere.
Nelle analisi degli addetti ai lavori (qui il link) si comincia infatti a guardare con timore al numero delle auto elettriche sbarcate nei porti italiani e rimaste invendute. Un fenomeno che accomuna La Spezia, Livorno e Civitavecchia, che dovrebbero iniziare a preoccuparsi addirittura di come smaltire quelli che rischiano di diventare poco più che rottami, anche a causa della tecnologia che corre lasciando indietro modelli datati e dai difetti ormai noti al pubblico, quali la scarsa affidabilità, i costi alti di ricarica e l’inesistenza di una rete capillare (e soprattutto veloce) di colonnine.
Quel che a Civitavecchia è però ancora più urgente, è comprendere se la scelta di puntare ancora sull’automotive per il dopo carbone sia davvero oculata, alla luce degli impressionanti cali di vendite registrati e della crisi dell’industria automobilistica non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente. Domanda che, è del tutto evidente, occorre farsi innanzitutto riflettendo su quale possa essere il rischio in caso di fallimento.
1 Comments
giovanni
Qualche cervellone ha fatto scelte grandemente errate!!
In un primo tempo avrebbero dovuto realizzare auto ibride esclusivamente per le città in quanto l’eventuale ricarica non è dubbia.
Invece hanno realizzato soprattutto auto ibride da 100 CV e oltre + l’aiuto elettrico: ok sono bellissime ma poco pratiche e l’eventuale ricarica in autostrada non è tanto generalizzata.
In più qualcosa da non sottovalutare i prezzi molto alti