“Torno sull’annosa questione dei cosiddetti tirocinanti della Giustizia per contribuire ad una corretta informazione, o meglio, ad una diffusione di informazioni corrette”. Inizia così un lungo intervento del consigliere comunale di maggioranza Raffaella Bagnano, che fa la cronistoria della vicenda arrivando a suggerire delle proposte. L’esponente del Movimento 5 Stelle chiama in causa anche la politica ed i sindacati.
“Premesso – afferma Bagnano – che è profondo il dispiacere personale per la situazione di tante persone, spesso non giovanissime, costrette ad aggrapparsi ad una illusione o a lavorare quasi gratis, va tuttavia precisato, ad onor del vero e per stemperare i toni entusiastici del centrosinistra regionale, che il percorso “formativo” in questione appare una procedura di dubbia legittimità che ha consentito l’accesso al delicato settore dell’amministrazione degli uffici giudiziari a persone che svolgevano di fatto le stesse mansioni degli impiegati di ruolo. Questi ultimi per contro, in una lotta tra poveri, hanno subito visto con preoccupazione la presenza dei nuovi “colleghi” che comunque hanno prodotto un ulteriore freno alle spese del Ministero per il personale in servizio e da assumere. Nell’accordo firmato dai tirocinanti con gli uffici giudiziari poi era esplicitato che non si trattava di un rapporto di lavoro e che mai sarebbe potuto diventarlo (Accordo Stato Regioni su Tirocini Formativi del 24.01.2012) e questo perché, per previsione costituzionale, il rapporto di lavoro pubblico si può costituire solo a seguito di concorso pubblico (art.97,c.3 Cost.).
Il pasticcio trae origine dalle disposizioni istitutive dei tirocini (cd. Legge Fornero) varate con l’auspicio che il maggior numero di disoccupati ed inoccupati avesse accesso a progetti della durata massima di 12 mesi per fruire di una sorta di “respiro” economico: per questo era stato fissato un termine massimo ed una sorta di ricambio ovvero lo scorrimento di graduatorie. Invece, i primi e unici 3400 partecipanti ai percorsi formativi negli uffici giudiziari, grazie alla volontà politica, sono riusciti a far bloccare lo scorrimento delle graduatorie, in pratica, non permettendo ad altri di accedere ai tirocini, e nel contempo hanno ottenuto varie proroghe, nonostante fosse fissato il limite massimo dei 12 mesi. La Regione Lazio, con toni trionfalistici ha annunciato di aver recuperato, con una delibera frettolosa sotto Natale, i tirocinanti esclusi dalla riconferma prevista per alcuni dal decreto 20 ottobre 2015 del Ministero della Giustizia, prevedendo” l’attivazione di politiche attive del lavoro in favore dei soggetti provenienti dai percorsi di perfezionamento negli Uffici Giudiziari regionali – che entro il 2 marzo p.v. devono candidarsi spedendo una raccomandata A/R (“LAZIO DIGITALE”… Pec non ammessa!!) in coerenza con quanto previsto dal Protocollo d’intesa “Promozione di Politica attiva presso gli Uffici giudiziari della Regione Lazio_ Piano Giustizia” approvato con la Delibera di giunta regionale n. 758 del 22 dicembre 2015.”. Non dice però la Regione che finito quest’ultimo giro, i tirocinanti saranno messi alla porta. Il centrosinistra di Civitavecchia poi esulta per il risultato ottenuto grazie all’impegno alla Pisana di SEL e di parte del PD, non precisando, tuttavia, che (punto 4 della manifestazione d’interesse susseguente al protocollo richiamato) “gli interventi saranno attivati presso i seguenti Uffici Giudiziari presenti sul territorio regionale: la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Roma, la Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma”, non presso il tribunale di Civitavecchia, quindi! Ultima beffa: “ai partecipanti sarà riconosciuta un’indennità di partecipazione di 400 €/mese”, anche qui se si specificasse che i 400 euro sono lordi, cioè circa 300 netti, resterebbe ben poco di cui gioire. Il Consiglio comunale di Civitavecchia un anno fa aveva mostrato preoccupazione sulla questione dei tirocinanti con un ordine del giorno approvato all’unanimità con cui si sollecitavano i parlamentari locali affinché trovassero una via d’uscita all’impasse creatasi. Oggi dopo gli ultimi provvedimenti, la situazione è drammaticamente peggiorata ed il tempo è scaduto; per essere propositivi i vari livelli politici, e magari sindacali, dovrebbero affrontare seriamente sia la questione dei tirocinanti sia quella tormentata degli organici dei tribunali, con azioni minime, ma concrete e realistiche: ai primi si potrebbe riconoscere un punteggio, seppur minimo, nei futuri bandi per concorsi ministeriali qualora abbiano svolto proficuamente il tirocinio, oltre, eventualmente ad accordare (DPR 487/94 art. 5 punto 17) titolo preferenziale nella graduatoria dei concorsi, a parità di merito, avendo prestato “lodevole servizio a qualunque titolo per non meno di un anno nell’amministrazione che ha indetto il concorso”; per le esigenze immediate di personale del comparto Giustizia, invece, la seconda mobilità pilotata dalla Riforma Renzi-Madia potrebbe destinare i dipendenti provinciali in esubero alle cancellerie dei tribunali. Proposte semplici, ma concrete”.
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