Sono dati drammatici, quelli diffusi dalla Confcommercio di Civitavecchia tracciati in riferimento a quanto avvenuto nel 2024 nel settore. L’indagine, svolta insieme a ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche), mostra un calo del numero complessivo di imprese attive a Civitavecchia del 4% rispetto al 2023, con un saldo negativo di 69 attività solo nell’ultimo trimestre del 2024. Proprio il settore del commercio al dettaglio evidenzia una situazione difficilissima, visto che ha fatto registrare il calo più significativo, con un -7,5% di imprese attive rispetto all’anno precedente. In numeri spiccioli, si tratta di una perdita netta di 39 attività solo tra il terzo e il quarto trimestre del 2024.
E il dato è ancor più allarmante se si considera che il commercio rappresenta oltre un terzo del totale delle imprese locali. Per quanto riguarda invece il comparto turistico, il settore ha subito un saldo negativo di 10 imprese nell’ultimo trimestre del 2024, rappresentato da 16 nuove iscrizioni contro 26 cessazioni. Valore negativo anche per un altro dato particolarmente importante, quello dello sviluppo imprenditoriale, dove il commercio ha registrato il -3,9%, il peggiore tra tutti quelli analizzati. L’indagine dell’associazione evidenzia dunque una sofferenza generalizzata nel tessuto imprenditoriale locale, con una particolare criticità nel settore del commercio, da sempre pilastro economico di Civitavecchia. Confcommercio annuncia che alla luce di questi numeri, sta lavorando ad una serie di iniziative volte a contrastare il trend negativo e a rilanciare le attività locali. Tra le principali azioni, quelle che riguardano la fattibilità di riduzione della tassa sui rifiuti e di quella sulle insegne, la possibile istituzione di una linea bus notturna, la rimodulazione degli abbonamenti riguardanti i parcheggi e il regolamento dei dehors. Allo studio anche la fattibilità di un restyling di Corso Marconi, la nuova zona a traffico limitato per verificarne contenuti e criticità, il progetto del nuovo mercato per conoscerlo concretamente, la fattibilità di sgravi fiscali per affitti in convenzione in zone desertificate. Infine, la possibile costituzione di Reti di Imprese e di gruppi di commercianti di quartiere, l’attivazione di sportelli d’ascolto, una rubrica dedicata al cerco/offro lavoro, un centro sperimentale di formazione tecnico/digitale, una cashback sviluppata su una rete fisica di attività di vicinato, digitalizzazione commerciale e un gpts assistente virtuale per commercianti
3 Comments
Stradarolo
Penso che il problema principale sia uno: sono finiti i soldi! Tra tasse, imposte, balzelli ed aumenti indiscriminati ed immotivati, le persone non ce la fanno più e, conseguentemente, si predilige l’acquisto dei soli beni necessari. La gente non può più spendere!!! Le conseguenze sono queste.
Alex
Sicuramente la gente ha molto meno soldi e questo è innegabile, ma la domanda da porsi è un altra, come mai invece tutte le attività dei cinesi, marocchini e bangladini, non chiudono anzi aumentano?
Le tasse vengono pagate?
Perché non credo che gli italiani che chiudono siano incapaci…anzi.. Ma questo i nostri amministratori lo vedono?
giovanni
Il grosso e osceno problema è quando hanno liberalizzato il posizionamento dei negozi di vendita per cui per poter vendere si abbassavano i prezzi anche andando a comprare dai cinesi e alla fine questi hanno aperto molti negozi e la gente ha capito che sui materiali non c’era differenza con chi vendeva roba con prezzo alto.