“Gentile redazione, poichè Vi conosco come testata giornalistica d’informazione democratica NON schierata partiticamente NE’ preconcettualmente , desidererei un Vostro impegno nella divulgazione dei seguenti principi “neutri” e, tuttora, sub judice ( sotto il profilo religioso…che quì non toccherò).Sul vostro giornale telematico compare con asssiduità una finestra informativa che diffonde una visione – a mio parere distorta e fors’anche fallace – del concetto filosofico di “autodeterminazione della donna riguardo all’uso del proprio corpo” anche quando dentro di esso è iniziata (per cogente legge di Natura) una nuova vita umana”.
“Che si tratti di inizio realmente e indiscutibilmente “umano” lo ha dimostrato la scienza genetica (che si chiama “embriologia”) la quale fin dalla metà del secolo scorso è stata avallata dall’ OMS e che è l’oggetto su cui si esprimono i Comitati di Bioetica.Dal momento del concepimento ( quinto giorno dopo in contatto sessuale fecondante) fino alla morte naturale ( con o senza eutanasia) la donna svolge il ruolo ineludibile, secondo Natura, di Mater genitrix e , poi, quello di Mater alma (nutrice,alimentatrice) e infine quello di magistra vitae per il figlio naturale in fase evolutiva graduale e maturativa. La donna “moderna” -secondo l’ideologia femminista – avrebbe un diritto “assoluto” di gestione psicosomatica del proprio essere . Ma NON valuta che ella ha doveri naturali verso la collettività di cui è parte essenziale.E’ un atto di presunzione ( di ybris-direbbero i filosofi Greci antichi) quella di considerarsi DEA MATER, padrona della vita e della morte proprio di quei figli che sono carne ( e anima) di se stesse. Abdicare al valore “sociale”( democratico, laico e sacro) della loro femminilità biunivoca ( matriarcale, materna, magistrale, salvifica) è un atto autolesionistico imperdonabile . miope e altezzoso che mina alle fondamenta la vita stessa , sia individuale sia universale. Ogni donna – genitrice,alimentatrice, maestra….- dev’essere fiera di considerare la propria sessualità e la propria genitorialità come ineludibile pilastro su cui poggia tutta l’humanitas di cui il mondo ha un bisogno vitale”.
Paolo Giardi, Medico