Una ricerca ricca di dati ma anche una attenta analisi del fenomeno migratorio di questi anni nel volume presentato questa mattina presso la sala conferenze della Fondazione Cariciv da Caterina Battilocchio, una giovane antropologa tolfetana. Uno studio corredato di riflessioni sulla presenza “spesso quasi invisibile” dei sempre più numerosi stranieri che compongono e modificano strutturalmente gli assetti dei comuni, in Italia come negli altri paesi, europei e non.
La Battilocchio, nata a Roma nel 1981, dopo la laurea in discipline etnoantropologiche, si è specializzata in studi africani ed ha conseguito un master in Progettazione Europea presso l’Università Libre di Bruxelles. E’ proprio a seguito di questa esperienza trascorsa all’estero, avendo sperimentato di persona che cosa significhi sentirsi stranieri presso altri paesi, che ha maturato l’idea della sua ricerca. Per cercare di “vedere” e provare a comprendere come vivono e come si integrano queste persone ha preso in esame due piccole realtà territoriali a lei più vicine e più note: Tolfa ed Allumiere, dove sono presenti moltissimi immigrati. Nel suo studio la Battilocchio (sorella del sindaco di Tolfa, Alessandro), ha guardato soprattutto alla femminilizzazione del fenomeno, vale a dire alle donne immigrate ed al loro inserimento socio-lavorativo nei due piccoli centri collinari. Senza analizzare le motivazioni per cui lasciano il proprio paese per avventurarsi in altre realtà dove l’accoglienza è spesso difficile e sofferta, l’autrice ha messo in evidenza le differenze tra le donne di qualsiasi etnia, prevalentemente romene, che, secondo i suoi dati, dai 40 anni in su, cercano con il lavoro di accumulare denaro per poter ritornare poi al proprio paese d’origine dove spesso hanno lasciato i familiari e a cui inviano molto del loro modesto guadagno, spesso in nero. Diversa è la prospettiva delle donne più giovani che spesso costruiscono la loro famiglia in Italia, dove si sposano e fanno figli, dove vogliono rimanere ed entrare a far parte a pieno titolo della comunità dove si sono insediate. Un lavoro, quello della Battilocchio, interessante, ricco di spunti, che a nostro avviso varrebbe la pena di realizzare anche a Civitavecchia affinché, grazie alla conoscenza reale del fenomeno, le amministrazioni possano adottare conseguentemente le misure più appropriate per assicurare a queste genti la piena integrazione.