Quello che potrebbe definirsi il “pasticciaccio brutto” della corresponsione di assegni ad personam ad una quarantina di dipendenti dell’Autorità Portuale si arricchisce di nuovi, interessanti particolari. Andando a leggere con attenzione l’ultima relazione della Corte dei Conti, si riesce finalmente a sapere qualcosa in più rispetto all’ispezione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti avvenuta nel maggio 2019 e che non risulta pubblicata.
Ebbene, la Corte dei Conti scrive che a pagina 141 della relazione successiva all’ispezione del Mit, emerge che “dai dati reddituali comunicati dall’Autorità, risulta una consistente erogazione di assegni ad personam risalenti a gestioni precedenti, i cui effetti non possono non riverberarsi sulle dinamiche retributive presenti e future e in particolare per professionalità di pari livello ed impegno ma con retribuzioni differenziate. Nella relazione, gli ispettori del Ministero scrivono poi che “fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione del comparto, si segnala che alla data dell’ispezione non risulta approvato dall’ente alcun regolamento per la concessione di assegni ad personam, né una tantum, a differenza di quanto realizzato da altre Autorità Portuali. La relazione richiama inoltre una precedente verifica ispettiva, quella del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 2014, in cui si stigmatizzava il trattamento economico tabellare incrementato, per alcune unità, da un’integrazione ad personam di 2.500 euro mensili, pari a oltre il 90% del trattamento economico di base, e che tali riconoscimenti “non sembravano giustificati dal profilo curriculare del neo assunto”. Un elemento, questo, che potrebbe rivelarsi particolarmente importante qualora, come sembra, arrivassero sviluppi dall’indagine avviata dalla Procura Generale della Corte dei Conti. Mentre infatti, a quanto scrive la Corte dei Conti, il consulente chiamato a pronunciarsi sulla materia dall’ex presidente Di Majo avrebbe giudicato legittima la corresponsione dell’assegno ad personam erogata al dipendente già al momento dell’assunzione, ben diversa sembra essere l’opinione dell’ispettore del Mef. Se, infatti, come si legge, “i riconoscimenti non sembravano giustificati dal profilo curriculare del neo assunto”, si potrebbe aprire la strada ad una serie di contestazioni di danno erariale, sia nei confronti di coloro che hanno fatto in modo che tale pratica venisse avviata, sia per quanti, successivamente non hanno posto fine ad una prassi giudicata poco legittima e ampiamente segnalata da un alto funzionario del Ministero dell’Economia e delle Finanze.