“Le chiediamo Signor Presidente di aiutarci a fare chiarezza a tutti i livelli sul perché il nostro diritto di manifestare, protestare e spiegare le ragioni della nostra lotta e del nostro malessere sia stato negato. Sul perché i nostri figli che ci hanno accompagnato, abbiano dovuto sopportare con noi l’offesa del rientro in Sardegna sotto scorta come se fossimo pericolosi criminali da isolare e mettere in quarantena.
Affinché, Signor Presidente, le libertà fondamentali di tutti noi non debbano mai più soffrire un simile inaccettabile affronto”. E’ la parte finale della lettera che Felice Floris, del Movimento Pastori Sardi, ha scritto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla luce di quanto accaduto nel porto di Civitavecchia il 28 dicembre scorso. Leggi la lettera.
“Illustre e carissimo Presidente,
così come tanti altri in questo difficile momento della vita del nostro Paese (da ultimo gli studenti romani) ci rivolgiamo direttamente a Lei per riferirLe quanto accaduto nella mattinata di martedì 28 dicembre nel Porto di Civitavecchia, all’arrivo di una delegazione del nostro movimento che intendeva raggiungere Roma per organizzare una conferenza stampa che portasse all’attenzione di tutta l’opinione pubblica i gravi problemi del mondo agropastorale sardo e per annunciare la nostra volontà di dar vita ad un Movimento europeo dei Pastori del Mediterraneo. Eravamo poco più di un centinaio provenienti da tutta la Sardegna e in noi non c’era alcuna idea bellicosa.
Al Porto di Civitavecchia eravamo attesi da un imponente schieramento delle Forze dell’ordine, che ci hanno letteralmente sequestrato e poi rinchiuso, contro la nostra volontà, in un recinto senza che avessimo commesso alcun reato e senza che avessimo intenzione di commetterne, perche siamo gente pacifica, anche se qualche volta, proprio l’intervento sproporzionato delle Forze dell’ordine, ha creato disordine in qualche nostra manifestazione. Ci creda signor Presidente, nei confronti di noi pastori esistono molti pregiudizi difficili da superare, anche se in questi anni abbiamo ottenuto manifestazioni di grande solidarietà da tanti lavoratori e cittadini come noi.
E’ inutile oggi ricordare, signor Presidente, i principi di libertà contenuti nella nostra Costituzione di cui Lei è il primo Garante e il più geloso Custode. Riteniamo però doveroso e giusto riaffermare che questi principi, certamente per ordini venuti dall’alto e non per imprudente iniziativa degli agenti presenti, sono stati violati durante i fatti accaduti nel Porto di Civitavecchia. E questa violazione intendiamo denunciare con questa lettera, così come ha fatto, almeno per una volta, all’unanimità, il Consiglio Regionale della Sardegna. Creda signor Presidente alla nostra più profonda stima e alla nostra riconoscenza di sardi e di italiani che accanto al Tricolore sventolano anche la gloriosa bandiera dei Quattro Mori, tanto cara ai nostri conterranei che hanno dato anche la vita per la nostra Repubblica. Le chiediamo Signor Presidente di aiutarci a fare chiarezza a tutti i livelli sul perché il nostro diritto di manifestare, protestare e spiegare le ragioni della nostra lotta e del nostro malessere sia stato negato. Sul perché i nostri figli che ci hanno accompagnato, abbiano dovuto sopportare con noi l’offesa del rientro in Sardegna sotto scorta come se fossimo pericolosi criminali da isolare e mettere in quarantena. Affinché, Signor Presidente, le libertà fondamentali di tutti noi non debbano mai più soffrire un simile inaccettabile affronto”.
Movimento Pastori Sardi
Felice Floris