In un lunghissimo intervento, l’ex consigliere comunale Flavio Magliani, evidenzia la rilevanza che hanno sull’inquinamento atmosferico le attività portuali. Cliccare per leggere il testo integrale dell’intervento di Magliani. La problematica dell’inquinamento ambientale è ormai a senso unico nel territorio. Si chiama carbone, punto e basta. L’enorme inquinamento causato dalle attività portuali passa invece sotto silenzio. sino al limite dell’omertà. E vale per tutti: ambientalisti, partiti, sindacati, organi di informazione. Giusto dedicare l’attenzione dovuta all’Enel, ci mancherebbe altro; ma perché mai tacere su un tema di tale rilievo? A chi giova?
Il porto di Civitavecchia, come qualsiasi altro scalo, racchiude in sé diverse e complesse problematiche ambientali. Tanto per limitarci alle maggiori evidenze ricordo l’inquinamento atmosferico, acustico, degli scarichi incontrollati e degli sversamenti, delle vibrazioni, delle emissioni elettromagnetiche; come si vede un bel campionario di cui sappiamo poco o nulla, a cui vanno aggiunti gli scempi conseguenti alla fase di intenso sviluppo in corso. Tra quest’ultimi spiccano ovviamente la grande dispersione di fanghi inquinati (metalli pesanti) e la pesante distruzione di poseidonia ? pure segnalate dalle autorità ministeriali ? il traffico di automezzi pesanti, nonché l’abnorme cementificazione del litorale e dell’entroterra, gli sbancamenti e le cave che si moltiplicano al punto da preoccupare seriamente per l’assetto idrogeologico del territorio. Un quadro d’insieme assolutamente allarmante su cui autorità politiche e sanitarie tacciono.
Vale la pena allora iniziare una discussione sul solo inquinamento atmosferico, su cui spesso si concentra l’attenzione. La prima cosa da domandare è: come mai non si hanno dati pubblici circa le emissioni in atmosfera delle attività portuali? L’Autorità Portuale non si premura certo di fornire informazioni a riguardo. Eppure in tutto il mondo si moltiplicano le proteste delle associazioni ambientaliste contro l’inquinamento delle navi: cosi avviene negli Stati Uniti, in particolare, dove l’organizzazione ambientalista Bluewater Network ha più volte puntato il dito contro le navi di crociera e il combustibile da esse utilizzato (notoriamente uno dei più nocivi) ma anche contro le navi portacontainer, sottolineando come l’inquinamento da navi metta in grave pericolo la salute dei marittimi, dei lavoratori portuali e degli abitanti prossimi agli scali, contribuendo peraltro al riscaldamento del pianeta. Aspetti molto importanti, che ad esempio stanno spingendo l’Alaska a predisporre misure di carattere fiscale a carico delle compagnie crocieristiche. Nella stessa direzione di marcia stanno procedendo anche alcune nazioni europee, come la Svezia, ad esempio, dove è obbligatoria l’utilizzazione di combustibili per navi con presenza di zolfo non superiore allo 0,5%, o la stessa Olanda dove i porti di Amburgo ed Amsterdam vanno praticando riduzioni delle tariffe portuali alle navi meno inquinanti. Del resto sono ormai diffuse le richieste di intervento UE per una legge che imponga ai porti europei severe normative di salvaguardia ambientale, anche se purtroppo il nostro paese è uno dei pochi in cui non si registrano passi in avanti: la stessa organizzazione ambientalista Greepeace è più volte intervenuta per sottolinearlo, denunciando la persistente sottovalutazione del problema da parte italiana.
E a Civitavecchia? Come accennato non abbiamo dati ufficiali per il porto cittadino, il quale però è stato oggetto di uno studio ambientale da parte di Enel Produzione nell’ambito dello Studio di Impatto Ambientale effettuato per la riconversione a carbone di Torrevaldaliga nord. Da tale studio, fondato sulle caratteristiche delle navi che fanno scalo a Civitavecchia, sui dati di traffico Istat dal 91 al 98 e sui fattori di emissioni e consumi di carburante pubblicati da US-EPA, si ricava una situazione assai grave per le emissioni dalle sole attività navali complessivamente stimate in molte migliaia di tonnellate annue.(circa 9.000). Tanto per citare un dato significativo, si pensi che la sola anidride solforosa emessa dalle navi risulterebbe pari a 3.500 t/a, ossia circa il 28% in più di quanto emetterà per lo stesso tipo di inquinante la futura centrale a carbone. Un elemento che deve far riflettere, soprattutto se si considera che in questo caso non si tratta di una industria posta a chilometri dal centro e dotata di ciminiere, bensì di emissioni rilasciate dentro la città e quindi particolarmente nocive per gli abitanti: su questo piano devono quindi particolarmente preoccupare le ricadute al suolo degli inquinanti, che vengono pure quantificate dall’Enel relativamente allo stazionamento in porto di una sola nave che abbia in moto unicamente i motori ausiliari. Ebbene, pure a fronte a questa sola fonte, i risultati dello studio definiscono un quadro di assoluto allarme, con rilevanti ricadute al suolo misurate intorno ai 600 metri e fino a 2 chilometri di distanza. Si pensi allora quale potrebbe essere la situazione ambientale nei periodi di maggiore traffico, quando le navi in porto sono spesso più di 15 e molte di esse ormeggiano addirittura a ridosso dell’abitato. Basterà farsi una passeggiata sul lungoporto in condizioni di sottovento per rendersene conto.
Può darsi che lo studio Enel abbia esasperato le condizioni complessive (aver compagni in duol?.) ma va comunque sottolineato come l’analisi citata si riferisca esclusivamente ad una parte delle emissioni totali, senza una valutazione di quelle relative alle fasi di arrivo-partenza, alla movimentazione delle merci e alle operazioni di carico-scarico, alle navi alla fonda, o al traffico dei camion, dei pullman e dei passeggeri per la Sardegna, o ancora a quelle dei mezzi di servizio navali e terrestri operanti nell’area portuale. E tutto questo senza considerare neanche il continuo aumento dei traffici navali previsto nei prossimi anni.
Ci si chiede: possibile che tra tutti quelli che in questi anni hanno spulciato i dati Enel non uno abbia preso in considerazione questo studio? Quanto meno solamente per negarne la validità, per rifiutarlo o contestarlo? Niente, silenzio assoluto. Eppure questo è ancora niente. Pochi (o forse no!) sanno, infatti, che per i problemi sopra descritti il legislatore ha da tempo individuato specifiche soluzioni rimaste purtroppo inattuate: si tratta degli interventi ambientali previsti dai decreti ministeriali 2935/97 e , come necessario complemento ai lavori di ampliamento previsti per il nuovo Piano regolatore del porto e per la futura Darsena energetica grandi masse. L’elenco è assai nutrito e riguarda tutte opere che permetterebbero un drastico contenimento delle emissioni inquinanti: si parte dalla realizzazione di sistemi fissi per la distribuzione dell’acqua, per l’impianto antincendio, per la raccolta di acque piovane e reflue (comprese le acque nere delle navi), del sistema di rifornimento del carburante e dell’energia elettrica per le navi all’ormeggio (così da eliminare le emissioni prodotte dai generatori di bordo), dell’impianto di ricircolo forzato delle acque interne, dell’impianto di stoccaggio e trattamento delle acque di zavorra delle navi cisterna, dell’uso di macchine ad alimentazione elettrica per la movimentazione delle merci, e molte altre ancora. Interventi quindi molto importanti, in parte previsti quali specifiche prescrizioni, di cui peraltro non si riesce a sapere nulla: il porto continua ad ampliarsi a dismisura eppure dopo tanti anni dall’emissione dei decreti nessuno ritiene di dover intervenire per chiedere chiarimenti, ad eccezione di alcuni richiami del Ministero dell’Ambiente che ha pure minacciato specifiche sanzioni. In quanto al resto, silenzio: Regione Lazio, Comune di Civitavecchia, Provincia di Roma, ASL, ARPA si sono chiusi in un rigoroso mutismo, e lo stesso hanno fatto partiti, stampa, sindacati. E naturalmente gli stessi ambientalisti, che in città certo non mancano, che gridano contro la banchina carbonifera ma non vedono una cementificazione di 5 chilometri della costa, che lamentano la non trasparenza della rete di rilevamento ambientale ma non hanno nulla da dire sul fatto che nell’area portuale non ci sia neanche una postazione di rilevamento, o ancora che si strappano i capelli contro la futura movimentazione del carbone ma non hanno nulla da dire su quello che già oggi viene ammassato sulle banchine, trasportato attraverso la città e scaricato nel carbonile a cielo aperto esistente a nord di Civitavecchia. Paradossi di una posizione estremista assunta sulla riconversione della centrale, legittima anche se da me non condivisa, che oggettivamente ripara da ogni critica chi invece deve rispondere di un pesante attacco alle condizioni ambientali del territorio e alla salute dei cittadini. A meno che non esistano tumori cattivi e tumori buoni. L’Enel avrà molti torti, ma indubbiamente per molti ha avuto anche il grande pregio di occultare altre fonti di inquinamento della città, e non solo sul piano ambientale. L’omertà riempie gli anfratti della politica locale, pervade le istituzioni, paralizza le coscienze, impone connivenze: difficile pensare che i troppi silenzi sulle evidenti responsabilità evidenziate non siano dovuti a specifici interessi, ad un intreccio di legami tra poteri piccoli e grandi, locali e non, sovente inclini ad indirizzare le attenzioni verso altri e a strumentalizzare anche quell’ambientalismo in buona fede, seppur radicale, con il quale continuerò sempre a confrontarmi.
Flavio Magliani
Ex consigliere comunale