Sarà probabilmente un’inchiesta a chiarire le cause della morte di Flavio Gagliardini. Tra i primi a prestare soccorso al calciatore sono stati i compagni di squadra, raggiunti pochi istanti dopo il malore dal medico Giuseppe Dimito, che si trovava casualmente al Dlf. “Per cercare di salvare la vita del ragazzo è stato fatto il possibile – racconta il dottor Dimito – ma la situazione mi è apparsa disperata sin dal primo momento”.
Dimito era al centro sportivo per la festa di compleanno del nipotino, quando è stato chiamato dagli addetti del Dlf per via di un malore accusato da uno dei giocatori che si stavano allenando sul campo da calcio. “In poche decine di secondi mi sono recato sul posto – spiega il medico – e ho visto il ragazzo disteso a terra, mentre i compagni cercavano in qualche modo di prestare i primi soccorsi. Mi sono immediatamente reso conto che il giovane era in arresto cardiaco e che, soprattutto, presentava dei movimenti respiratori irregolari, cosiddetti preagonici. Coadiuvato da mio genero, fisioterapista, che al momento dell’accaduto si trovava con me al Dlf, ho iniziato la manovra di rianimazione con respirazione bocca a bocca e massaggio cardiaco, e nel frattempo mi sono accertato che fosse stato contattato il 118. Intanto gli inservienti del Dlf mi avevano portato il defibrillatore automatico in dotazione al centro sportivo, che abbiamo prontamente utilizzato. Purtroppo, però, mi sono reso immediatamente conto che non c’era più nulla da fare, in quanto il cuore non ha mai dato segni di ripresa”. Sarebbero stati quindi inutili i soccorsi dell’ambulanza, giunta al Dlf nel giro di pochi minuti con a bordo un rianimatore e partita immediatamente alla volta dell’ospedale San Paolo mentre i medici a bordo cercavano di mettere in atto qualsiasi manovra possibile.