“Nazzareno era ad un tempo un uomo antico e moderno. Moderno per la sua capacità di capire i mutamenti della società, le sue trasformazioni e antico perché era orgoglioso di conservare valori che appaiono ormai appartenere al passato:: la coerenza, la solidarietà, il disinteresse. Era anche intollerante e insieme flessibile. Intollerante perché sosteneva le sue convinzioni con forza e determinazione, flessibile per la sua disponibilità a comprendere e a correggere gli errori. Questi aspetti si fondevano in lui senza confliggere, perché l’intelligenza è anche contraddizione. Era però soprattutto appassionato nel suo impegno e profondamente umano. E noi, nella organizzazione, lo apprezzavamo anche per questo”. (SEGUE)
“Ho vissuto con lui anni di una intensità straordinaria. In una organizzazione – la CGIL – anch’essa straordinaria. Anni difficili, densi di lotte a volte cruente. Di scontri con un padronato arroccato nella difesa dei propri privilegi e con una classe operaia non più disposta a subire. Mi passano in rassegna le tante vertenze condotte insieme, i tanti volti che si avvicendarono in quella fase. E in ogni vicenda lo trovo, in ogni fase, da quelle esaltanti delle vittorie sindacali, alle sconfitte amare che talvolta subimmo, lo vedo presente. E’ difficile per me pensare ad una CGIL senza di lui. Non amava la retorica e non gli farò il torto di usarla ora. Vorrei però che si sapesse, soprattutto per chi non lo ha conosciuto, che è venuto a mancare un Uomo, un Uomo che ha attraversato da protagonista, la storia del movimento sindacale e che lascia in tutti noi che abbiamo avuto il privilegio della sua amicizia, un indelebile segno e un dolore profondo”.
Fabrizio Barbaranelli