Mi pare che la regola aurea per una pacifica convivenza in qualsiasi comunità sia ben sintetizzata in quella massima: “la tua libertà finisce dove comincia la mia” ( reversibile ) . E non si vede motivo per cui questo non dovrebbe valere anche nella vexata quaestio della “movida” che sta animando un dibattito di questi giorni.
Certo il problema non sussisterebbe in presenza di regole che un’attenta amministrazione pubblica avesse imposto per la delocalizzazione di “attività rumorose” da zone ad alta densità abitativa ; ma qui da noi non s’è mai badato a queste “sottigliezze”, né ( spiace ma è doveroso dircelo ) brilliamo di nostro per “civiche virtù” deterrenti da incivili comportamenti.
Che fare, dunque ? Personalmente non penso a drastici, impossibili divieti dell’ultim’ora, ma nemmeno a tolleranze a danno di sacrosanti diritti a quiete, salute e pubblica sicurezza ; qualche idea, invece, l’avrei per ripieghi che non mi sembrano poi di tanto difficile attuazione…sempre che incontrino necessaria sensibilità e coraggio normativo da chi di dovere. Esempi : ragionevoli e rigidi orari di chiusura dei locali sottostanti a civili complessi abitativi ( non si può deprivare nessuno del diritto alla quiete e riposo notturno, o far coincidere orari di chi deve iniziare la giornata con chi, chiusa bottega, o “stanco” della notte brava, se ne va, invece, a dormire !). A seguire : imporre ai locali rumorosi una sorta di “scatola nera” con un registratore di Decibel accessibile a controlli di sorveglianza. Nè escluderei ancora : una sorta di “Licenza a punti” per i gestori, con penalità, fino al ritiro, per chi venisse colto in due o tre occasione a “sforare”. ….Ma per questo servirebbe una “vera” volontà politica di una “vera”autorità municipale, attenta alle esigenze di tutti e non di pochi, capace anche di attivare una “vera” Polizia Locale, di quelle che girano anche dopo il tramonto ! Ma si può dire, a questo punto, che “qui casca l’asino”?
Gennaro Goglia
dalla strada