Inizieranno nei prossimi giorni, probabilmente già da giovedì, gli incontri divisi per ogni società municipalizzata per valutare come applicare la cassa integrazione siglata ieri nell’incontro alla Regione Lazio. “Dalle ultime discussioni la forbice della cassa integrazione va dal 5% al 15% per tutte le società e raramente si supererà il 20%”, spiega il segretario generale della Cgil Fp territoriale Diego Nunzi, che sottolinea con soddisfazione due punti dell’intesa firmata alla Pisana che riguardano il futuro: niente Jobs Act e “privilegi”. VIDEO
Nel verbale di incontro si legge testualmente che “ai lavoratori attualmente in forza nel gruppo Hcs nella fase di trasferimento al nuovo strumento societario verrà applicato l’articolo 18 della legge 300/70, come modificato dalla legge 92/2012”. Altro passaggio che soddisfa la Cgil è che nell’ambito della salvaguardia dei livelli occupazionali e del mantenimento dei servizi nell’ambito pubblico “la ridefinizione dell’esercizio dei servizi all’interno di un nuovo strumento societario che sostituirà l’attuale gruppo Hcs dovrà essere effettuata all’interno della procedura ex articolo 47 della legge 428/1990”. Questo significa che il passaggio nella NewCo permetterà di azzerare i cosiddetti “privilegi” più volte denunciati in questi anni, gli scatti di livello lampo e gli stipendi sovradimensionati rispetto all’incarico svolto. Il tutto con un risparmio che, secondo i calcoli della Cgil, si aggirerà sui 200 mila euro all’anno.
Tornando al presente ed alla cassa integrazione, l’obiettivo dei sindacati è quello di non coinvolere i lavoratori che hanno gli stipendi più bassi, come quelli del settore handicap che tra l’altro devono già fare i conti con la chiusura delle scuole o chi ha un contratto part-time con 4 ore giornaliere. Per gli altri, invece, si prospetta un sacrificio che secondo la Cgil Funzione può essere sopportato. “Se prendiamo una cassa integrazione al 10% su uno stipendio medio di 1.500 euro – dichiara Nunzi – abbiamo una penalizzazione di due giornate lavorative al mese, con una rimissione di 160 euro, di cui la metà o poco più viene rimborsata dagli ammortizzatori sociali. Non è una grande perdita in termini economici, ma un ottimo strumento per il rilancio delle società e quindi per la salvaguardia dei lavoratori e per il mantenimento pubblico dei servizi, su cui da sempre ci battiamo”.
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