Si chiama “Bette Davis, lo schermo della solitudine”, edizioni Lithos e porta la firma di Filippo Kulberg Taub la traduzione dell’autobiografia di Ruth Elizabeth Davis, una delle più grandi interpreti del cinema Hollywoodiano, pubblicata nel 1962 a New York. Il volume, costato un anno di lavoro per il giovane italo – austriaco, finito di stampare lo scorso aprile, sarà presentato giovedì a Civitavecchia alle 21.30 al Zed Pub, in Via Benci e Gatti, 4 e venerdì alle 21, in Via Vigevano a Roma.
Presenti oltre al curatore, Professor, Maurizio De Benedictis ed al traduttore, anche il regista Roberto Fiorentini, l’attrice e doppiatrice Patrizia Cappelli ed il dottor Gino Saladini, criminologo e scrittore che leggerà nella circostanza alcuni estratti del libro. Per Filippo Kulberg Taub, il cui sangue è per metà civitavecchiese, si tratta di un traguardo importante tant’è vero che il testo sarà utilizzato come materiale di studio all’università La Sapienza di Roma presso la facoltà di Lettere e Filsofia con indirizzo letteratura, musica e spettacolo. Facoltà, in cui lo stesso Kulberg Taub si è laureato, per poi specializzarsi nel corso di laurea in Forme e Tecniche dello Spettacolo dove lavora attualmente come assistente del Professor Maurizio De Benedictis. Nel corso di un’intervista, il giovane, dall’aspetto solare e pieno di grinta, ci ha svelato che l’idea di tradurre un’autobiografia inedita della Davis è comunque nata in seguito ad un progetto multimediale, (la sua tesi di laurea) creato nel 2007, su Joan Crawford e Bette Davis, intitolato: “Joan & Bette: due dive a confronto”. Questa iniziativa lo spinse fino a Parigi per intervistare una vecchia amica dell’attrice, Olivia De Havilland, nota ai più nei panni di Miss Rossella O’hara nel celebre film “Via col vento”. La Havilland, in quella circostanza – racconta il traduttore – fece un ritratto degno di nota della sua collega ed amica aggiungendo che Bette Davis “resterà sempre una delle migliori attrici che il cinema abbia mai avuto”. Grazie a quell’incontro, con l’ormai anziana diva, che conobbe il top del successo negli anni ’40, si concretizzò per Filippo anche un sogno che da anni aveva nel cassetto. Durante quella conversazione, infatti, le chiese qulcosa sul film “Che fine ha fatto Baby Jane?” che legava la Crawford alla Davis. Un film che secondo la Havilland permise a Bette di tornare alla ribalta, in un periodo in cui era difficile per le attrici trovare buoni copioni. Una pellicola, che, invece, in Filippo, a soli sei anni, aveva svegliato la sete di sapere cinematografico. Quindi da quel momento scoppiò un grande amore per il cinema classico. Focalizzando poi l’attenzione su quello americano e sulla vita e le opere di alcune star di Hollywood.