“Si pensi in grande per uscire da una crisi storica. Altrimenti accontentiamoci di briciole e coriandoli”. È il pensiero del presidente dell’associazione Meno Poltrone Più Panchine, Tullio Nunzi, che torna a parlare della crisi che definisce “disperata” di tutto il settore commerciale di Civitavecchia.
“È ormai acclarata una crisi disperata di tutto il settore commerciale – afferma – oltre alle serrande abbassate in vie centrali, un tempo salotto commerciale della città, si moltiplicano i dati delle organizzazioni di categoria: dal deterioramento progressivo del tasso di sopravvivenza delle aziende, al 40% di aziende nate in meno rispetto al 2019: In pratica oltre 20 mila aziende non sono mai nate rispetto al 2019.
Un dato oltretutto deve ancor più preoccupare: il pericoloso inserimento della malavita attraverso l’usura nella ristorazione romana; solo romana almeno per ora.
La reazione dei commercianti purtroppo è abbastanza sfilacciata: si va dalla opposizione all’outlet, attraverso una protesta di una nuova organizzazione denominata luci spente; alla protesta autonoma dei ristoratori con la vittoria per l’allargamento dei tavoli.
Si parla ora di organizzare sempre autonomamente degli eventi natalizi; periodo altrettanto determinante nei bilanci delle imprese.
Bisogna comprendere che la logica della dispersione, anche se dimostra la volontà di sopravvivenza, non paga senza una progettualità, senza un progetto organico. Diciamo che le organizzazioni imprenditoriali, la società civile, non ha un disegno una strategia
Una vera riflessione di prospettiva, senza la quale domina l’improvvisazione, il vuoto.
Bisogna rendersi conto che si sta modificando un sistema turistico, commerciale; dal Covid usciremo con modifiche strutturali nella domanda e anche nell’offerta; un settore che contribuisce al 14% del pil e che in questa città è il primo settore economico per numero di aziende e per contributo al prodotto interno lordo.
Ora in periodi di crisi epocale, ci sono due modi per rispondere e per uscire dalla crisi: l’inazione, quindi stare zitti sperando che tutto passi, oppure chiamare a raccolta il settore e attraverso una opera di coinvolgimento democratico, chiedere a soci e non soci di avviare una riflessione che porti a proposte concrete, rivoluzionarie che permettano di credere in un futuro.
Per fare degli esempi chiari: si crede in un binomio di sviluppo, basato su porto e terziario? Si crede nella possibilità che questo territorio possa diventare un distretto turistico, un sistema territoriale che recuperi la sua antica vocazione prebellica?
Si crede nei presupposti o nei fondamentali di questo territorio, che vede un passaggio di 2 milioni e mezzo di persone (patrimonio promozionale incalcolabile), un patrimonio UNESCO di grande rilevanza, un patrimonio naturalistico rilevante, una ipotesi termale mai sfruttata, percorsi enogastronomici, che hanno funzionato nel turismo di prossimità di quest’anno e una offerta balneare che hanno fatto di questa zona la “perla del tirreno”.
Se si, ovviamente un progetto di sviluppo turistico è completamente alternativo a quello energetico, previsto con la centrale a gas: prevede un recupero del territorio devastato, cozza oltreché con l’outlet, con una giungla di ciminiere, e quindi necessita di ipotesi, progetti alternativi, che prevedano la ricostituzione ed il recupero di quella vocazione turistica che ha avuto un grandissimo ruolo in un passato recente.
Dico questo perché leggevo oggi la proposta di un rappresentante dei commercianti relativa alla fermata delle navette croceristiche. Proposta giusta; figurarsi i croceristi lasciano in questa città 80 milioni l’anno. Ma non sufficiente
Si chiami a raccolta i commercianti, gli operatori turistici, gli operatori portuali, e si decida in un confronto, in un referendum, ma si deve comprendere che se si parla tra amici, o ci si limita a proporre il contingentamento di alcuni settori commerciali, non si va lontano.
In momenti come questi c’è bisogno di un coinvolgimento di tutti, di vera democrazia imprenditoriale, del contributo di tutti che pur di salvare la propria attività sono disponibili alla partecipazione, purché si tuteli lo sviluppo dei terziario in generale; e si restituisca il diritto a sentirsi orgogliosi di fare parte di una categoria che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo di questa città, che ha portato lavoro e occupazione. Il terziario sta vivendo un periodo infame, ma con progetti seri di sostanza e di lungimiranza, con competenze, e con spirito unitario può combattere il vuoto di idee e l’improvvisazione assai presente in questo comparto.
Si pensi in grande per uscire da una crisi storica; altrimenti accontentiamoci di briciole e coriandoli”.