“Nell’anno 2007 le forze politiche e sociali – e noi eravamo tra queste – salutavano con entusiasmo l’insediamento nella nostra città della Privilege Yard, una società leader nella costruzione dei megaycht, nella generale convinzione che l’avvio di un’attività cantieristica di elevato livello poteva concorrere a un robusto rilancio di sviluppo, e soprattutto di occupazione stabile e specializzata”. Inizia così una nota del consiglio direttivo del Psi.
“L’installazione del cantiere – prosegue la nota del consiglio direttivo del Psi – faceva anzi pensare ad un autentico riscatto di Civitavecchia dalla monocultura Enel, alla formazione di un vero e proprio distretto della nautica che avrebbe promosso un processo di riqualificazione professionale e messo in moto un indotto di consistenti dimensioni. Purtroppo le ultime vicende ci obbligano a riflettere sulle aspettative di allora, e a guardare con preoccupazione al futuro dell’azienda stessa, ma soprattutto a quello degli occupati e delle loro famiglie. Non possiamo né vogliamo nasconderci che questo epilogo è l’esatto contrario di ciò che ci aspettavamo. Ma, mentre è più che manifesto l’aspetto drammatico di questa crisi, su cui si riversano ogni giorno le energiche proteste e gli amari commenti di coloro che ne sono investiti più da vicino, molto meno chiara appare la conoscenza dei fatti che hanno originato la crisi. E a questo punto non si sa cosa stia veramente accadendo. Meno che mai si sa a quanto ammonti l’esposizione dell’impresa e perché essa si sia prodotta. Come mai non ci si sia accorti prima del passivo che si andava creando. E se e come si possa recuperare. Perché mai le banche appaiano restie e concedere i crediti promessi. Se gli stati di avanzamento sin qui pagati corrispondano all’effettivo stato dell’opera. Resta così un mistero se e quando si possa giungere ad una ripresa dell’attività e quale sia il termine reale di fine lavori della grande imbarcazione che si sta costruendo. Sembra quasi che le proteste siano tanto forti quanto accompagnate da una strisciante rassegnazione ad accettare oramai la dismissione di una così imponente struttura produttiva in direzione dell’attivazione dei classici ammortizzatori sociali piuttosto che esplorare fino in fondo la possibilità di trovare delle vie d’uscita alternative al presente stato di difficoltà. Ci poniamo queste domande, ma ce ne potremmo porre tante altre ancora, perché ci preme capire come le cose evolveranno, e se a rimetterci dovranno essere ancora una volta i lavoratori e le loro famiglie a cui ci sentiamo veramente vicini in occasione della loro lotta, come del resto tutta la città. Ci duole che un’impresa così importante incontri difficoltà tanto gravi: vogliamo credere che si tratti di difficoltà contingenti, superabili; non strutturali, dovuti magari a errori gravi, difficili da eliminare. Riteniamo che in questa congiuntura il Commissario prefettizio e l’Autorità Portuale debbano entrambi intervenire con più decisione nella questione: debbano fare molto di più per rendere possibile la permanenza e lo sviluppo dell’attività della Privilege in città. In quanto, oltre al fatto che da mesi intere famiglie sono esposte agli enormi disagi prodotti dalla mancata o ritardata riscossione dei salari dovuti ai lavoratori, esiste, ancor più grave, un problema di prospettiva: l’avvenire della stessa attività lavorativa del cantiere”.