“Essere movimento politico vuol dire – per noi – affrancarsi dagli eccessi ideologici, concentrarsi sui problemi concreti, adeguarsi liberamente ai cambiamenti di strategia imposti dalla società moderna. La premessa ci sembra calzare alla perfezione con la situazione politica attuale, in cui la linea di demarcazione fra destra e sinistra, che pare sopravvivere solo nelle contestazioni delle posizioni estreme e nei distinguo puramente ideologici, è attesa alla prova dei fatti”.
“Dal momento che vediamo personalità appartenenti storicamente e culturalmente agli ambienti della destra dire cose di sinistra e operare e amministrare in tal senso, viceversa personalità appartenenti storicamente e culturalmente alla sinistra contenersi e gestire la cosa pubblica con scelte che potrebbero essere condivise anche da amministratori di destra. Noi siamo sempre più convinti che il discrimine tra le due posizioni vada stabilito guardando alle decisioni che vengono prese nella pratica politica.
Il ragionamento assume un rilievo particolare nella gestione delle risorse economiche, che sia i politici di destra che di sinistra si rinfacciano reciprocamente di impegnare a vantaggio di pochi, nonostante l’impegno a devolverlo a beneficio di tutti. Ebbene, queste vicendevoli riprovazioni a nulla valgono, giacché da quarant’anni, nonostante l’alternarsi ai vari livelli di forze politiche di ambedue gli orientamenti predetti, i privilegi di pochi sono stati mantenuti e rinforzati. E questo è stato il vero colore politico delle azioni di cui la maggioranza dei cittadini quotidianamente subisce le conseguenze.
Altrettanto determinante è il versante della spesa. La politica che, rispettosa della qualità e del merito, investe sulle risorse intangibili, la coltivazione delle menti, la prosecuzione della memoria e della ricerca, la conservazione della propria identità artistica, culturale storica e di ingegno nonché paesaggistica, che consapevole dei limiti di competitività del sistema Italia, fa affidamento sul valore aggiunto della nostra preziosa tradizione, sulla cultura sedimentata della nostra storia non solo per contingenti motivi di convenienza e opportunità ma per esportare il nostro patrimonio di idee nel mondo è una politica ancora di là da venire: non è praticata.
Un ulteriore ma più complesso indicatore dell’ispirazione politica è l’approccio alle problematiche del “mercato”, quel termine enfatizzato dai liberisti puri per significare che il pieno dispiegarsi della concorrenza è in grado di garantire crescita economica, razionalizzazione produttiva, sviluppo del know-how e della conoscenza, riequilibrio dei sistemi, incremento della ricchezza individuale e collettiva. Un contesto economico che però non è autoregolamentato, e che è scompaginato da seri fattori di crisi quali l’eccesso di offerta, la delocalizzazione – che mentre avvantaggia i paesi emergenti accentua la disoccupazione di quelli ricchi dei quali abbassa la domanda -, il progressivo esaurirsi delle materie prime – cui corrisponde l’aumento incontrollato dei rifiuti che non vengono assoggettati a un recupero finalizzato ad una contestuale riduzione dei costi. Ora, non si vede come il politico – in una situazione così complicata – possa efficacemente promuovere, a qualsiasi livello, la modernizzazione del settore economico portandosi appresso l’etichetta di destra o sinistra tradizionalmente intesi con i relativi fardelli di preclusioni di ogni genere.
Ecco perché, in questo contesto di arretratezza politica ma soprattutto culturale, il nostro movimento politico si dimostra più valido del partito: perché può porsi più espressamente lo scopo di promuovere lo sviluppo socio-economico e culturale, di essere un autentico strumento di partecipazione e di coinvolgimento nella vita politica, indipendente da qualsiasi vincolo ideologico, di essere un punto di riferimento e di incontro di persone di diversa estrazione sociale, esperienza e bagaglio culturale, e costituire la sintesi di questa pluralità di idee, valori e proposte”.
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL POLO CIVICO