"Un uomo sull'orlo di una crisi di nervi". Così i consiglieri capigruppo di opposizione Roberto Bonomi, Vincenzo Gaglione, Alessio Gatti, Alessandro Manuedda, Daniele Perello, Vittorio Petrelli e Marco Piendibene definiscono il sindaco nel commentare la sua reazione alla notizia di essere indagato. Leggi la nota.
Un uomo sull'orlo di una crisi di nervi. E' questa l'immagine resa ieri alla città dal Sindaco Moscherini che, scosso dalla diffusione della notizia di un'indagine a suo carico, si è lasciato andare a dichiarazioni scomposte e fuori luogo. Così ha straparlato di tentativi di diffamazione, di metodi veterocomunisti e di manovre elettoralistiche, perdendosi poi in polemiche personali prive di rilievo. In sostanza il solito e stantio copione berlusconiano d'uso in queste situazioni, naturalmente in versione "Bignami". Il tutto per nascondere una banale verità: il Sindaco di Civitavecchia è indagato per tentata corruzione. Punto.
Moscherini avrebbe certamente preferito che tutto rimanesse segreto, ma, purtroppo per lui, la "fuga di notizie" che lo ha investito non è frutto di una magistratura deviata o di acerrimi e spregiudicati avversari, bensì di tale Sottosegretario di Stato Giuseppe Maria Reina, che rispondendo ad una interrogazione parlamentare ha semplicemente citato informazioni del Ministero dell'Interno circa alcune ipotesi di reato contestate allo stesso Moscherini. Se davvero dietro tutto questo dovesse esserci una infernale macchinazione politica, allora il Sindaco dovrebbe ricercarne gli autori tra le file del centrodestra.
E' ovvio che in questo Paese chiunque deve essere considerato innocente fino a prova contraria: il Sindaco avrà quindi l'opportunità di presentarsi in un'aula di tribunale per dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati. E’ altrettanto ovvio però che essere oggetto di una richiesta di rinvio a giudizio, come abbiamo appreso dalla stampa, non è la stessa cosa che ricevere un avviso di garanzia e che sul piano etico tanto è bastato a più di un amministratore pubblico per dimettersi dal proprio incarico. Il garantismo non può diventare uno scudo di comodo e quelle formazioni che a livello nazionale sventolano la bandiera della legalità, in specie l'Italia dei Valori e la stessa Alleanza Nazionale, dovrebbero chiarire la loro posizione al riguardo.
D'altro canto il Sindaco dovrebbe ammettere che non capita tutti i giorni di essere indagati dalla DIA e che in simili occasioni gridare al complotto può non rivelarsi saggio, né rispetto allo stesso procedimento giudiziario, né ai fini della tutela della propria immagine, sia personale che istituzionale. Tanto più nel caso di una vicenda tenuta accuratamente nascosta per circa 15 mesi, di cui il Sindaco, più correttamente, avrebbe quantomeno dovuto informare il Consiglio comunale. Al contrario, c'è stato evidentemente un tentativo di occultamento che contribuisce a definire i tratti del nostro primo cittadino, che, guarda caso, è stato però smascherato proprio da un sottosegretario del governo Berlusconi: come si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
La città reclama trasparenza e onestà.