"Appartengo alla generazione cosidetta di “mezzo” i “cinquantenni”, stretti tra i sessantenni- settantenni, e i primi figli degli anni settanta che nel 2010 compiono 40 anni. Appartengo ad una generazione troppo vecchia perché rappresenti il futuro di una classe politica (lasciamo stare il rinnovamento che non può essere affidato al certificato di nascita), per gran parte della mia generazione, oggi quell’età rischia di essere veramente l’età in cui ogni fallimento verrà acclarato. Siamo davanti ad un naufragio annunciato di una generazione evaporata, intristita, dai tanti, troppi fallimenti, che aldilà di qualche rituale discorsetto sul rinnovamento non ha nessun’intenzione di mollare la presa".
"Com’è successo? Cosa c’è dietro una generazione partita per cambiare tutto e arrivata a desiderare che nulla cambi? Qual è la storia non scritta dei fallimenti, di questi sessantenni e settantenni, perché di fronte ai tanti quesiti, se messa alle strette delle sue responsabilità, la mia generazione si nasconde dietro la retorica domanda “Ma allora perché voi non vi ribellate? Noi l’abbiamo fatto…”. Quest’ultima domanda è un tipico esempio della nostra tendenza a preferire,l’evitamento,l’occultamento dei problemi, piuttosto che puntare alla loro difficile, possibile soluzione: un rovesciamento totale della prospettiva che richiederebbe il coraggio di analizzare, tentare di prospettare possibili, residue, vie d’uscita. In Italia, a Civitavecchia ci troviamo di fronte, per la prima volta dopo anni, ad un quadro non certo confortante che mette a serio rischio la crescita sociale e la sua stabilità economica, istituzionale. Un quadro che vede i figli con prospettive meno rosee di quelle che i loro padri potevano intravedere alla stessa età, sopratutto per quanto riguarda lavoro e retribuzioni. In Italia secondo l’ultima ricerca presentata dall’ISTAT il dato più eclatante è quello sulla disoccupazione giovanile al 29,2 per cento, mai così alta dal 2004, uno dei valori più alti d’Europa, peggio di noi solo Grecia, Romania e Polonia. Il livello di disoccupazione del 29,2 segnato a maggio scorso, infatti, non è mai stato toccato precedentemente. Il 29,2% supera anche il dato del 2009, anno nero della crisi, quando il tasso di disoccupazione giovanile registrò la percentuale del 27,1%. Rispetto ai mesi precedenti, inoltre, il dato del 29,2% mostra peraltro un trend in forte aumento: la disoccupazione giovanile ha segnato, infatti, il 29,1% ad aprile, ma a marzo fu decisamente più contenuto (27,6%) e a febbraio invece si registrò il 28,2%. Rispetto al maggio del 2009, l’aumento è addirittura del 4,7 per cento. L’ ‘88% dei giovani al di sotto dei 25 anni si è rassegnato al lavoro ‘atipico’ che costituisce anche l’unica forma di impiego che è dato conoscere, questo è un dato ancora più grave per certi versi, che segnala una certa rassegnazione dei giovani nella ricerca di un lavoro “dignitoso”. Sono dati preoccupanti destinati a crescere in maniera esponenziale, visto che tra poco andrà in scadenza una serie di strumenti di protezione sociali come la cassa integrazione ordinaria e in deroga". I dati diffusi dall’Istat sulla disoccupazione sono uno schiaffo a questo governo che non riconosce la profondità della crisi e dei processi sociali che stanno mettendo ai margini i lavoratori, soprattutto i giovani ed i precari, ma è anche la sconfitta di una generazione “invaghita”dell’economia di “carta”. I giovani sono sfruttati e pagano anche degli errori fatti fino ad oggi da Governi che non solo non hanno tutelato i lavoratori (a parte gli intoccabili), ma hanno sfruttato le nuove leve come precari derubandoli del loro futuro, insomma, i bamboccioni sono quelli che alla fine sono "costretti" a vivere con la famiglia e a non poter avere una loro vita propria. A Civitavecchia la situazione è ancora più grave, visto l’assenza totale della “politica”, dove un sistema di potere “importato”, da oltre dieci anni ha bloccato il progresso economico, sociale, riducendo il sistema istituzionale ad un “sulk”, dove il clientelismo è il paradigma della vita istituzionale,economico e sociale, della città che mortifica la meritocrazia, le capacità. La realtà di questi “bamboccioni” civitacchiesi sono buste paga da meno di mille euro al mese, titoli di studio chiusi in un cassetto, mansioni che non corrispondono alla formazione maturata nel corso della carriera universitaria e delle specializzazioni conseguite nel post-laurea. La triste schiera dei “bamboccioni” la cui soglia anagrafica arriva oramai ai quarant’anni si arrabatta tra lavoro precario, lavoro nero, magari condito dal “pendolarismo”, bamboccioni non certo per scelta, come subdolamente insinuato in varie occasioni da tanti esponenti politici in questo bipartisan, i quali probabilmente ignorano l’allarmante crisi di identità, oltre che di “professionalità”, che queste generazioni stanno attraversando. Il lavoro sarà sicuramente il tema centrale delle prossime politiche sociali ed economiche, lo era già da parecchio tempo, qualcuno dirà, sì vero, ma allora il problema differiva rispetto ad oggi in quanto l’abbondanza sta cedendo il posto al privilegio. Perché il futuro richiede il lavoro come fondamentale strumento di identità e di libertà degli uomini e di creazione delle società moderne, il lavoro come civiltà all’ombra della quale l’uomo sia è messo in grado di lavorare non come uno schiavo, di far libera impresa e di misurarsi con se stesso. Di creare il proprio futuro. Il problema, il pensiero che da tempo mi angustia è che alla fine abbiamo una generazione ( la mia ) di “cannibali”, che raramente tra i suoi canoni etici, figurano il diritto, il senso di giustizia o l’equità sociale, surclassati dal principio primo, il motore immobile della vita pubblica italiana: l’egoismo".
Edmondo Cosentino Responsabile Lavoro Circolo PD Civitavecchia