“La cosiddetta “guerra delle banchine” piuttosto che “delle gru” testimonia che è la pressione competitiva a mettere oggi alla prova il porto di Civitavecchia. Lo sostiene l’esponente del Pd, Fabio Angeloni, per il quale la riforma Del Rio stenta a trovare un’interpretazione corretta e moderna.
“Non sono tra quelli che vorrebbe abolire gli articoli 16 e 18 che in qualche maniera delimitano il perimetro delle aziende autorizzate a lavorare nel porto ad una trentina di imprese – aggiunge – ma una cosa è mantenere in piedi una norma, soprattutto ai fini della sicurezza sul lavoro per evitare di veder uscire dalla stiva i nuovi schiavi addetti alle operazioni di scarico, una cosa è considerarla come un ombrellone sotto il quale non piove mai e c’è ombra quando fuori batte il sole. Bene, i fatti dimostrano che nei tempi attuali può piovere anche dove non aveva mai piovuto, ovvero l’ombrellone non basta più. Quindi, non resta che cominciare a fare i conti con quella che si chiama pressione competitiva e che è esattamente una delle correnti di energia che mandano avanti l’industria moderna. Ma, guarda un po’ il caso, quando si comincia a parlare di numeri, di processi industriali, di efficienza, di skill, il primo a vacillare è il castello dei privilegiati. Il privilegio di chi percepisce stipendi annuali a cinque zeri, per fare il manager finto, in quanto la sua impresa non è un’impresa, lavora su un mercato , con tariffe predeterminate, non investe e non produce direttamente e magari non ha nemmeno vinto uno straccio di gara. La storia insegna…. che alla fine vince è la storia e che contro il progresso non ci si va. Ma sarà dura, anche perché il privilegio è terreno di consensi. Insomma roba che fa gola alla politica che anche al Porto deve scegliere da che parte stare: da una parte la clientela sapientemente coltivata dai privilegi e dalle prebende, dall’altra la competizione, che vuol dire occupazione, sviluppo, creazione di valore e di benessere diffuso”.