C’è poco da esultare. Questo almeno è il giudizio di Sinistra Ecologia e Libertà in merito al commento più che positivo con cui l’associazione Codici ha accompagnato la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Civitavecchia sul servizio idrico. Gli esponenti di Sel Gennaro De Crescenzo e Giulio Agostini sottolineano parte che la situazione è cambiata rispetto all’epoca dei fatti, ovvero al 2011, e che per mantenere l’acqua pubblica la strada è un’altra rispetto a quella tracciata dall’associazione e porta alla costituzione di un’azienda speciale, a cui sta lavorando il Circolo della Qualità appositamente costituitosi a Palazzo del Pincio. VIDEO
“Ma secondo Codici – si chiedono De Crescenzo e Agostini – entrare nell’Ato per affidare il Servizio Idrico ad Acea Ato 2 vuol dire mantenere l’acqua pubblica? Occorre fare un po’ di chiarezza – sostengono il membro della segreteria di Sel e il consigliere comunale di Sel – perché davvero sull’argomento acqua si rischia che da più parti vengano operate mistificazioni ogni qualvolta si aggiunge un tassello alla già complicata vicenda, come in questo caso riguardante la sentenza del Consiglio di Stato. Dal suo punto di vista il Codici ha le sue ragioni: vediamole. Bisogna preliminarmente ricordare che la precedente Amministrazione aveva pubblicato un bando di gara per la vendita del 60% di Hcs, ente gestore di una parte del Servizio Idrico, mantenendo le reti in capo a Civitavecchia Infrastrutture, ossia l’altra società partecipata del Comune. Trattandosi di un’associazione che tutela i diritti dei consumatori, ritenendo che l’affidamento del Servizio Idrico o almeno di parte di esso ad una società privata (o comunque in via di privatizzazione) si configura come una cessione di sovranità che fa perdere il carattere pubblicistico al Servizio stesso, giustamente ricorre alla Magistratura affinché obblighi la Regione Lazio ad esercitare i poteri sostitutivi per l’ingresso di Civitavecchia nell’Ambito Territoriale Ottimale (Ato). Poco importa al ricorrente che Acea è una s.p.a., che per sua natura deve fare profitto e che era anch’essa in via di privatizzazione: siccome la maggioranza delle azioni di Acea in quel momento erano in mano al Comune di Roma, che è un Ente pubblico, per Codici con l’ingresso nell’Ato viene salvaguardato il carattere pubblico del Servizio Idrico. Inoltre, con Acea c’è la certezza della fornitura, della potabilità e, sulla carta, anche della tariffa. Sarebbe lungo (ma non inutile) in questa sede confutare tutte queste certezze che, appunto, sono solo di facciata mentre la realtà è ben diversa, quello che qui ci preme evidenziare è che il ricorso delle Associazioni trae origine dalle azioni di allora del Comune. Contro i ricorrenti non abbiamo nulla – proseguono De Crescenzo e Agostini – al contrario riconosciamo loro il merito di aver smosso l’Amministrazione Tidei a dover assumere una decisione purchessia, che si è concretizzata con la nostra opposizione alla sentenza del Tar, opposizione che ha assunto più un valore politico che di vera sostanza. Ben altra, a nostro avviso, doveva essere l’azione della Giunta Tidei appena insediata: ribadire immediatamente l’applicazione di quanto scritto nel Programma di Coalizione, ossia la volontà di procedere alla vera ripubblicizzazione del Servizio Idrico attraverso la costituzione di un’Azienda Speciale, opzione prevista dalle norme vigenti e assolutamente in linea con il referendum popolare e contemporaneamente aprire un confronto di merito con le Associazioni. La nostra Amministrazione paga ora lo scotto di aver tergiversato sull’argomento, principalmente a causa della mancanza di identità di vedute al suo interno, relegando al solo atto simbolico del ricorso al Consiglio di Stato la sua azione politica. Da non sottovalutare, per completezza di analisi e di verità, la necessità prioritaria, fin dal momento dell’insediamento avvenuto alla vigilia dell’estate scorsa, di doversi occupare delle emergenze del settore conseguenti al disastro lasciato dalla precedente Amministrazione, che giustifica solo in parte l’inerzia di allora. Il riconoscimento delle ragioni altrui e dei nostri errori, dunque, sono i presupposti doverosi sui quali ribadire le nostre convinzioni e riproporre una azione che peraltro ha già avuto inizio con l’approvazione dell’ordine del giorno nel Consiglio Comunale dedicato specificamente alla questione acqua, che ha ribadito la bontà delle linee programmatiche. Inoltre, uno dei circoli della qualità recentemente costituiti dal Sindaco si occupa appunto della questione acqua: esso ha già iniziato a lavorare con l’obiettivo di costituire l’Azienda speciale, mentre sono sotto gli occhi di tutti gli indubbi risultati conseguiti dall’Assessorato e dall’Ufficio Acquedotti, capaci di invertire una tendenza negativa consolidata e garantire una stagione estiva senza problemi, a dimostrazione che se si vuole, il pubblico è capace di funzionare come e meglio del privato. Personalmente non ci spaventa quindi che qualcuno ora possa avere la tentazione di operare un’ulteriore mistificazione, strumentalizzando la sentenza come una sorta di alibi per abbandonare definitivamente la battaglia per una vera ripubblicizzazione dell’acqua, battaglia che invece è solo all’inizio. Molti sono i fattori che confermano questo ottimismo: il risultato del referendum in primis, che rimane una pietra miliare irremovibile per chiunque; la ritrovata convergenza in maggioranza sull’argomento; il superamento degli Ato; la proposta di legge regionale per adeguare la gestione del Servizio Idrico allo spirito referendario; la convinzione, a differenza di Codici, che entrare in Acea equivale, quello sì, a una privatizzazione; l’ulteriore convincimento che il Servizio Idrico, “Integrato”, ossia ricondotto sotto un’unica Autorità, pubblica perché interamente controllata dal Comune, possa rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini e sappia sottrarre il bene comune acqua alle logiche speculative. Quindi, la sentenza del Consiglio di Stato rischia di essere una vittoria di Pirro, se si scontra con la volontà del Comune di non tradire lo spirito referendario e operare per la vera ripubblicizzazione del SII, che non è rappresentata da Acea ma dall’Azienda Speciale: nessuno può obbligare un Comune ad aderire all’Ato, nessuno può sostituirsi al volere dei cittadini”.