È una storia drammatica, quella che ha visto coinvolta Luisa Trivelli, una donna deceduta lo scorso 4 gennaio, lontana dalla propria famiglia, a causa di complicazioni legate al Covid-19. La sua vicenda inizia a novembre, in seguito ad una caduta. La 74enne viene operata per la riduzione di una frattura al femore e inizia il percorso di riabilitazione presso l’istituto Santa Cecilia, dove arriva il 2 dicembre. Neanche il tempo di ambientarsi, che nella struttura di via Maratona scoppiano i primi casi di coronavirus. La signora risulta positiva e le sue condizioni iniziano a destare preoccupazione, tanto che il 10 dicembre viene deciso di trasferirla all’ospedale San Paolo.
Iniziano le cure, ma la signora Luisa non migliora. E allora il 16 dicembre il nuovo trasferimento, questa volta al San Pietro Fatebenefratelli di Roma. Lì, almeno in un primo momento, la situazione sembra migliorare. Poi, invece, la polmonite bilaterale che viene riscontrata richiede di attaccare la donna ad un macchinario per la respirazione, poi si passa al casco per la ventilazione assistita e infine all’intubazione. Come detto, dopo diversi giorni in terapia intensiva Luisa Trivella si spegne nell’ospedale capitolino, lontano da tutti. Una storia drammatica, come purtroppo se ne registrano ai tempi del Covid. Ma che fanno riflettere, e spezzano il cuore. “Ho stretto la mano di mia sorella il 2 dicembre per l’ultima volta – racconta tra le lacrime la sorella Rita – quando è scesa dall’ambulanza per arrivare al Santa Cecilia. Non ho pensato, neanche immaginato, a quello che di lì a poco sarebbe avvenuto. La cosa più dura da superare è il fatto di pensare ad una persona che da sola si trova ad affrontare un momento drammatico, il più difficile della vita. Senza una stretta di mano, un abbraccio, una parola di conforto. Senza un bacio. Spero che mia sorella si sia resa conto che non è stata mai abbandonata, che abbia capito che non potevamo essere con lei perché ci era vietato. E soprattutto che, anche se a distanza, eravamo tutti con lei. È questa la vera crudeltà di questo virus: ci costringe lontani, nei momenti di bisogno”. Secondo la sorella della 74enne, è importante che gli operatori sanitari pongano un’attenzione massima anche quando sono fuori dalla struttura, perché portare il virus dentro questo tipo di istituti può essere devastante.