Da diversi esponenti della politica viene richiesta la necessità di un rinnovamento e di un nuovo modo di amministrare la cosa pubblica.
Spero che l’iniziativa non sia semplice frutto dell’avvicinarsi delle elezioni o di una serie di segnali autoreferenziali tutti interni ai partiti, quanto piuttosto la consapevolezza che siamo in una specie di “interregno” gramsciano, dove un vecchio e arcaico sistema politico sta morendo, il nuovo non riesce a nascere e dove si producono fenomeni morbosi e svariati.
Diciamoci la verità: per molti lustri i partiti (chi più chi meno) hanno tradito la loro missione, trasformandosi in arroganti spacci di potere.
La vera antipolitica è infatti l’insensibilità dei partiti a comprendere la gravità del momento e la resistenza a un rinnovamento profondo.
Ad esempio, quale degli attuali partiti, nella nostra città, ha mai fatto una crociata contro il demerito, la cooptazione arbitraria, il favoritismo, il clientelismo, il familismo?
A parole diversi, ma sarebbe bello vedere in quanti consigli di amministrazione di servizi locali la politica abbia tracimato, attraverso una impropria discrezionalità, in quante aziende sanitarie. Certo le aziende debbono rimanere pubbliche, e possibilmente dare utili, ma sicuramente non dovrebbero essere i partiti a fare le scelte.
La pervasività della politica non favorisce processi economici; la politica deve guidare i processi, non entrarvi direttamente.
E di questa prassi diffusa molto spesso le vere vittime sono stati i giovani, in particolare i più meritevoli, superati da scelte che, a livello nazionale ma anche a livello locale, hanno preferito quell’estetismo della fedeltà che ahimè riesce incomprensibile a chi ha meno di trent’anni.
Molto spesso anche a Civitavecchia i partiti, tra innovazione e conservazione, hanno scelto la conservazione istintivamente; e altrettanto spesso quel merito invocato a parole veniva disconosciuto nei fatti, mentre l’ascesa sociale restava sempre svincolata da ogni iniziativa e capacità individuale.
Oppure quanto spesso la politica si è mostrata autoreferenziale, e cioè incapace di uscire da sé e tradurre in progetti le aspirazioni che emergono dalla società?
Ecco: non vorrei che un dibattito serio sulla nuova politica, nata per risolvere i problemi della gente, non sia uno strumento con cui una “corporazione” tutela se stessa e regola al proprio interno i conti sospesi.
Invece spero che l’inizio di una vera discussione metta fine ad una assenza del vivere politico, dia inizio ad una partecipazione collettiva, alla definizione degli interessi generali, metta fine ad una mancanza di dibattito e ad una totale capacità di elaborazione culturale.
In tutta sincerità, il sistema partitico classico, in senso duvergeriano, vecchia maniera è ormai alla fine; e solo gruppi di cittadini, “minoranze attive”, possano mobilitare e coinvolgere persone, facendo percepire che il contributo di tutti è importante, un dovere civico per la proposizione di temi necessari allo sviluppo della città e dell’economia.
Poiché la speranza è l’ultima a morire, bisogna sperare in un ravvedimento della politica, in un cambiamento, in una responsabilità e coscienza del posto occupato, nell’attitudine a rendere conto delle proprie azioni.
La politica è fatta di cose semplici, di idee spiegabili, di cose chiare senza vaniloqui solitari.
Sarebbe sembrata normale,ad esempio, la presentazione spontanea, da parte di tutti i consiglieri ed assesori comunali, del proprio740, o un taglio anche se superficiale ai propri emolumenti, o altre forme che dimostrassero una attenzione verso persone e imprese che vivono situazioni di difficoltà. Demagogia, populismo? no assolutamente, ma preferenza per quelle “passioni grigie” come l’onestà e il fare bene il proprio lavoro. Diciamo che c’è bisogno – come disse Vaclav Havel – di una “politica antipolitica”, intesa cioè come moralità concreta, rispetto della verità, sollecitudine umana. Come sono altresì convinto che la politica non si fa con la morale, ma nemmeno può essere fatta senza.
Tullio Nunzi
Ps non credo che qualcuno risponderà, ma nel qual caso si prega di evitare autoassoluzioni, interventi su cui grava il mantello di piombo della retorica, scandalizzazioni a comando.