“Civitavecchia è ferma dal 2010, secondo i dati ufficiali del Ministero delle Finanze relativi al Reddito Irpef”. Lo evidenzia, prendendo a spunto i dati pubblicati dal Mef e relativi ai comuni italiani, l’esponente del Pd, Fabio Angeloni, il quale rimarca che per i primi dieci anni i tassi di crescita sono sati mediamente del 4,2 per cento, con punte oltre il 6% nel 2002, 2004 e 2006. Si trattava degli anni nei quali la città assisteva al grande sviluppo portuale ed era in costruzione la centrale a carbone di Torre Nord.
Angeloni rileva che Civitavecchia in quegli anni cresceva anche rapportata ad altre realtà analoghe del nord, centro e sud Italia come, ad esempio, Savona, Piombino e Scafati. Ad esempio il divario con Savona nel reddito pro-capite, che è adesso superiore al 23%, nel 2009 era diminuito al 17,7% e negli ultimi tre anni è di nuovo al 21,6%. Per l’esponente del Pd, il raffronto con la città ligure è interessante perché proprio in questi ultimi anni ha vissuto il declino e la fine definitiva del carbone che ha certamente influito sul dato Irpef passato da una crescita media del 2,6, con punte del 4,4% nel periodo 2001-2010, ad uno 0,7 medio tra il 2013 e il 2015, del tutto analogo allo 0,7 di Civitavecchia, dove però il carbone è ancora in esercizio. Al riguardo, Angeloni si chiede con preoccupazione cosa potrà accadere dal 2025 quando, secondo quanto annunciato dal Governo, la centrale verrà spenta. Nell’analisi dell’esponente democrat non manca, ovviamente la chiave politica. Rileva infatti che nei primi tre anni dell’attuale amministrazione l’importo medio dichiarato dai civitavecchiesi ha perso quota persino rispetto a cittadine come Scafati. Giudica quindi sconfortante il paragone del periodo 2013- 2015 con Piombino, dove la percentuale di coloro che non presentano la dichiarazione dei redditi, ovvero la maggior parte dei disoccupati, è del 28% nettamente inferiore al 35% di Civitavecchia. Per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, nelle quattro realtà messe a confronto si sono registrate tra il 2001 e il 2015 dinamiche molto differenziate. “Ma solo a Civitavecchia – sostiene Angeloni – la fascia con meno di 1500 euro netti è stata l’unica a fare le spese della crisi, con una perdita netta di 206 euro l’anno, malgrado siano intervenuti proprio in questa fascia di reddito i 960 euro di Renzi”. A Savona invece tutti coloro che hanno un reddito inferiore ai 3300 netti mensili hanno resistito alla crisi. A Piombino la “recessione” ha toccato anche la fascia più ricca sopra i 3300 netti al mese, penalizzata con una diminuzione del reddito di oltre 2100 euro. Non così a Scafati dove, in piena crisi economica, i 247 “ricchi” hanno guadagnato mediamente 4.400 euro l’anno in più. Ben più dei civitavecchiesi più ricchi, 636, che però dal canto loro portano a casa lo stesso in media 610 euro in più. Angeloni conclude la sua analisi rilevando che per i redditi più bassi Scafati si è rivelata una piazza più sicura, al contrario di Civitavecchia. Nella cittadina campana, infatti, i redditi al di sotto dei 1500 euro mensili hanno tenuto con solo lo 0,50% in meno in tre anni.