Le Vivandiere, umili e dimenticate protagoniste del Risorgimento. Se non fosse per l’opera lirica di Gaetano Donizetti “La figlia del Reggimento”, comunque certamente non popolarissima, nessuno saprebbe che siano mai esistite. A far luce sul ruolo avuto su vari campi di battaglia da questi particolari personaggi femminili, una interessante mostra-convegno itinerante svoltasi ieri pomeriggio presso la Cittadella della Musica promossa dalla Croce Rossa Italiana di Viterbo e dalla Fidapa, Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari, dalla sezione di Civitavecchia, patrocinata dal Comune di Civitavecchia e sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio (foto Cristini).
Oltre ai numerosi interventi introdotti dalla Presidente della sezione locale della Fidapa, Architetto Rosa Maria Sorge, l’accompagnamento musicale del pianista Claudio Gargiulli. Ma chi erano le vivandiere? Inizialmente delle inservienti militarizzate, con compiti di vettovagliamento e lavanderia ma, a partire dalla guerre napoleoniche si trasformarono in infermiere, anzi, in veri e propri “aiutanti della sanità”, collaborando con i chirurghi nelle operazioni ed assistendo i feriti. A differenza della ausiliarie delle due guerre mondiali, non stavano nelle retrovie ma in prima fila sui campi di battaglia. Furono di fatto delle antesignane nelle lotte per la parità sociale. Molte rimasero ferite ed uccise ed un gran numero di loro venne decorato per il coraggio ed il senso del dovere fin sulla linea di fuoco. Fu proprio a Solferino, nel 1859, che venne concepita quell’idea che avrebbe portato, cinque anni dopo, alla nascita della Croce Rossa. Per i contemporanei rappresentarono poco meno che leggende e per le bambine un modello di identificazione, divenendo, di fatto se non di diritto, soldati a tutti gli effetti. Nelle parate sfilavano in testa ai battaglioni, dietro alla banda e alla bandiera del reggimento. E forse la protagonista della “Bella Gigogin”, la popolarissima canzone del risorgimento, era una vivandiera. Presto però la loro presenza di queste figure cominciò a destare inquietudine, non per i militari, ma per i politici e via via venne ridotto il loro numero. Si cercò di eliminarle affermando uno stereotipo maschilista ma si dovette tornare poi a riconoscerne la validità, anche a fronte dei vari movimenti femministi che stavano nascendo. I loro compiti, anche quelli di cucinare, lavare e rammendare venne affidato agli stessi soldati confinando le donne nelle retrovie anche per evitare di riconoscere loro dei meriti. Ma fu poi possibile, proprio grazie alle rivendicazioni femminili, inserire all’art. 12 della costituzione della brevissima Repubblica Romana (1848/49) che la difesa delle istituzioni fosse obbligo di tutti i cittadini, ammettendo di fatto, la parità. Principio poi affermato anche nella nostra attuale costituzione.