Tarquinia dice no alla chiusura dell’unità di ostetricia e ginecologia dell’ospedale. La maggioranza ha approvato la mozione contro l’ipotesi di accorpamento del reparto con quello del nosocomio di Civitavecchia.
Durissimo l’intervento del sindaco Mauro Mazzola. “Il governatore Renata Polverini, e con lei il PdL – afferma il primo cittadino – si assume la responsabilità di chiudere l’unità operativa di ostetricia e ginecologia senza dialogare con gli enti locali e le parti sociali. È un provvedimento scellerato e irrazionale a cui mi opporrò con forza e nelle sedi opportune. È stato già presentato il ricorso al Tar del Lazio”. I numeri del reparto suffragano le dichiarazioni del primo cittadino. Nel 2009 a Tarquinia, comune di 16.700 abitanti, sono stati compiuti 480 parti (490 nel 2008) contro i 401 di Civitavecchia, centro abitato che conta oltre 52.000 residenti. Di questi 480, 220 sono stati di donne civitavecchiesi. Non è stata raggiunta la quota di 500 parti, in quanto la sala operatoria è stata chiusa per un mese a causa dei lavori di riqualificazione. Il punto nascite presenta anche due aspetti tecnici importanti: la vasca per il parto in acqua acquistata con fondi comunali e la presenza sullo stesso piano della sala operatoria. “In questa vicenda assurda esiste un altro paradosso – ha proseguito il sindaco Mazzola – in caso di emergenze sarà obbligatorio trasferire la madre e il bambino dall’ospedale San Paolo di Civitavecchia al nosocomio di Belcolle, a Viterbo, con pericolo per la salute di entrambi. Le due città distano tra loro oltre 60 chilometri e sono collegate da una rete viaria pessima. Il presidente Polverini venga a Tarquinia per vedere se queste affermazioni sono false. La sanità non si gestisce soltanto con la fredda logica dei numeri – conclude Mazzola – ma attraverso il confronto con le realtà del territorio. Non si può fare della macelleria sociale. La razionalizzazione dei costi è indispensabile, ma non è pensabile farla a discapito dei cittadini”.