Non fa breccia il complesso lavoro di Martin Cramp, per la regia di Roberto Andò, sul pubblico del Traiano. Applausi di circostanza per la bravissima Laura Morante in una prova molto impegnativa che non arriva al cuore degli spettatori, che non si ritrovano in questo giallo filosofico di teatro della parola e delle finezze verbali che ricorda Antonioni e l’incomunicabilità.
Una storia all’apparenza banale: il classico trio con medico, moglie e due figli, che hanno scelto la campagna per stare meglio, e la giovane amante del marito che piomba in casa nella notte. Ma la sapiente arte drammaturgica di Martin Cramp sa mettere in movimento le mille sfaccettature, anche le peggiori, dell’animo umano. Una serie di quadri nella scena scarna, che certo non evoca le suggestioni della campagna, sviluppa il tema del difficile, impossibile rapporto dei tre protagonisti. La moglie Corinne che ritaglia le riviste in tanti pezzi come la storia con Richard che si perde fra l’indifferenza e il disprezzo, scopre nella notte che la giovane ospite che il marito dice di aver salvato e soccorso, la bella e spigliata Rebecca è da tempo la sua amante. Sarà lei, nello scontro senza esclusione di colpi con Richard a raccontare la storia della seduzione in cambio della droga, e l’uso comune, la passione, il rimorso, un prendersi e lasciarsi, e la dipendenza dal sesso e dalla siringa. Un rapporto disperato che, si scopre, ha portato Richard a trasferirsi in campagna per seguire l’amante, un rigetto che, nella notte, lo ha condotto sulla strada del tentato omicidio. Il medico non ha trovato Rebecca priva di sensi sul ciglio della strada ha cercato di ucciderla e, il finale, dirà che il secondo tentativo, dopo la fuga della ragazza, è ben riuscito. La luce del mattino sembra portare serenità. Ma Corinne sa: l’euforia isterica, l’affetto apparente, infantile, del marito coprono quello che ha già scoperto. I biglietti d’auguri, il regalo di compleanno non cambiano le carte. Una passeggiata nella campagna ha dato il colpo decisivo al suo cuore. Il sacrificio di Rebecca non cambia il gioco delle parti, non è una liberazione; l’imbroglio dei sentimenti riproduce la sua matassa ingarbugliata e non trova il filo comune; l’incomunicabilità, le piccole isterie, le menzogne, gli scatti di passione e di rabbia, restano e pesano, senza speranza. La semplicità, la trasparenza è soltanto quella dell’acqua del bicchiere che rimane sempre in scena. Un lavoro molto impegnativo, il teatro della parola, delle tante sfumature, delle riflessioni profonde condotto con grande bravura da Laura Morante che dà vita ai rari brividi d’affetto di Corinne, alle sue asprezze, al suo abbandono e al suo lento precipitare. Con lei Gigio Alberti che si trova a suo agio nelle ambiguità e nelle debolezze di Richard. Stefania Ugomari Blas dà grande vitalità al suo personaggio complesso e passa con disinvoltura dalla sfrontatezza al dramma.