“Per chi, come me, a Civitavecchia è legato non solo dalla nascita, ma anche da un rapporto affettivo imprescindibile, la passeggiata nella darsena del porto rappresenta, oltre che una necessità, una piacevole immersione nel grande passato della città. E’ per questo che sono rimasto sgomento nell’osservare le miserevoli condizioni nelle quali versa la ricostruzione di una liburna romana”. Ad intervenire è Sergio Anelli, che da anni si sta occupando del Museo del Mare, di cui si attende ancora la riapertura, in merito .
“Avevo sempre nutrito dei dubbi sulla scelta del luogo che la ospita – riprende Anelli – in un angolo quasi nascosto della vecchia rocca, ma confidavo nelle buone intenzioni di chi aveva contribuito alla realizzazione. Ed invece, un lavoro straordinario eseguito da par suo da Mario Palmieri, le cui abilità sono riconosciute dalle Università di tutta Europa, giace in una condizione inqualificabile.
Seminascosta da erbacce ed immondizie, con il fasciame che inizia, in mancanza di manutenzione, ad aprirsi ed i remi tolti per evitare pericolosi crolli, la nave che poteva costituire un prestigioso biglietto da visita per tutta la comunità versa in uno stato mortificante e forse irreversibile.
Anni di studio, le attenzioni dei più bei nomi dell’archeologia navale nazionale e la pubblicazione di questo lavoro filologico su Tirrenikà, il bollettino della Stas dedicato all’Archeologia subacquea, non hanno scalfito una generale indifferenza non solo verso quest’opera ma anche nei confronti della mostra navale, realizzata dallo stresso Comandante Mario Palmieri, segregata da tre anni nel maschio del Forte Michelangelo.
Allora, credo che dovremmo chiederci quale futuro vogliamo per la nostra città. Se, come accade in tutto il paese, le risorse archeologiche possono diventare motivo di uno sviluppo sostenibile o se, insieme alla Liburna, vedremo naufragare il sogno dell’apertura del museo navale, della realizzazione del promesso Parco Archeologico della Mattonara e di tutte quelle opportunità che i nostri padri ci hanno abbondantemente lasciato.
La risposta sta alle nostre coscienze e agli input che una comunità, fiera della sua appartenenza e che si preoccupa del futuro dei propri figli, saprà indicare a chi può, a chi deve”.