“La signora Delmirani invita i cittadini interessati a desistere dal fare le opposizioni alla nuova perimetrazione del Dottor Monaci in quanto si ritornerebbe a quella dell’architetto Rossi ben più estesa. Innanzitutto per l’Agraria è già vigente la nuova perimetrazione e poi la signora Delmirani dimentica che le opposizioni possono rappresentare uno strumento perché tale gravame non venga applicato. In un articolo apparso recentemente sulla stampa locale viene riferito che “sulle affrancazioni del 1827 la sentenza del 1990 dice esplicitamente che le affrancazioni del XIX secolo sono inefficaci”. Tale affermazione è assolutamente falsa in quanto la sentenza del 1990 non fa mai riferimento alle affrancazioni (più propriamente “vendite”) del 1827 di cui dimostra di non conoscere, o fingere di non conoscere, l’esistenza”.
“La sentenza, invece, afferma l’inefficacia della concessione in enfiteusi del 1777, peraltro alterando la realtà dei documenti per teorizzare un fantomatico inadempimento degli enfiteuti agli obblighi assunti in sede di stipula del contratto, in quanto gli stessi non avrebbero realizzato le migliorie. Tale inadempimento avrebbe comportato che le terre dovevano essere devolute in favore della Comunità, come previsto nel capitolo II del contratto, per cui si sarebbero completamente annullati gli effetti della concessione in enfiteusi e sarebbe tornato in vita l’uso collettivo dei terreni concesso dal Pontefice Eugenio IV.
La sentenza, nel suo alterare la realtà dei documenti, oltre alle vendite del 1827, disconosce anche la nota del 1790 con la quale la Congregazione del Buon Governo, al fine di venire incontro alle richieste degli enfiteuti, aveva modificato il capitolo II del contratto, prevedendo, innanzitutto, una proroga del termine per realizzare le migliorie e stabilendo che gli inadempienti, fino a quando non avessero adempiuto alla clausola contrattuale, sarebbero stati assoggettati al raddoppio del canone dovuto. In tal modo di fatto veniva eliminata la sanzione della devoluzione in favore della Comunità.
Quanto sopra è confermato dal fatto che il Comune non ha esercitato il suo diritto a recuperare i terreni previsto nel contratto ed ha regolarmente riscosso i canoni fino al 1827. Sembra assurdo che, dopo 50 anni di gestione dei terreni da parte degli enfiteuti, la sentenza parli ancora di devoluzione in favore della Comunità. In realtà, con le vendite del 1827 il Comune che era titolare soltanto del diretto dominio sui terreni, mentre agli enfiteuti spettava l’utile dominio, perde tale diretto dominio e, quindi, esce completamente dalla scena della Bandita delle Mortelle.
Alla luce di tale ricostruzione, basata su documenti storici incontrovertibili, a nostro avviso, risulta assolutamente infondato qualsiasi tentativo di rivendicare ancora la esistenza degli usi civici sulla Tenuta delle Mortelle”.
VITTORIO PETRELLI