Vorrei che il dibattito che stiamo sviluppando sulla questione femminile nella nostra città, così come nel Paese, non si limitasse ai giorni di marzo, ma vorrei diventasse una discussione permanente, considerata la necessità impellente che la manifestazione del 13 febbraio scorso ha rivelato.
Rossana Rossanda più di venti anni fa scriveva che la cultura delle donne non è “una miniera da cui attingere per arricchire una civiltà che finora l’aveva ignorata”, ma “una critica vera, e perciò unilaterale, antagonista, negatrice della cultura altra. Non la completa, la mette in causa.Non si tratta di allargare le maglie della città”.
La cultura femminista è da sempre innovativa, irregolare, rivolta, rovescia. Non credo che la manifestazione come quella dell’ 8 marzo a Civitavecchia , sia stata una autocelebrazione della inferiorità delle donne, oppure una manifestazione in cui non si è parlato dell’essere donne, ma solo del premier e delle sue attitudini.
Credo invece che questo otto marzo sia stato profondamente diverso dagli altri: dopo quello che è accaduto in questi ultimi mesi sentiamo “il fronte del possibile” – di una trasformazione possibile – allargarsi e, di conseguenza, desideriamo anche assumerci la responsabilità di praticare la trasformazione. Una trasformazione molecolare che produca un nuovo senso comune.
Si è parlato in ogni piazza, cosi come nella nostra, di più generazioni di donne accomunate dalla precarietà, dei tassi di occupazione delle donne in Italia molto sotto la media europea; che parla della mancanza di welfare, di lavoro, di reddito; di dimissioni in bianco e di gravidanze che provocano licenziamenti. Delle donne nord-africane, che abbiamo stretto in un grande abbraccio di sorellanza.
Abbiamo parlato della rappresentanza di genere, che nella nostra città,per esempio, ha il triste primato di nessuna donna presente nella giunta comunale e così poche donne consiglieri. E’ vero.
E’ necessario dare risposte, anche contro l’oscenità della doppia morale che vige in Italia, ben rappresentata dalla volgarità di un Presidente del Consiglio che per ottenere la vaticana assoluzione per “i festini” lancia strali contro la scuola pubblica, promette di negare diritti alle coppie omosessuali, di negare l’adozione ai e alle single.
Bisognerebbe esprimersi contro la legge Tarzia che cancella i consultori, contro i tagli alla sanità pubblica e contro la chiusura degli ospedali della Presidente Polverini che obbliga le donne con parti difficili ad andare a partorire ad almeno 80km di distanza.
Su questo, per quanto mi riguarda, quelle donne che appoggiano da destra e da anni questo tipo di scelte politiche misogine non credo vorrebbero condividere con me un cammino di femminile trasformazione.
Valentina Di Gennaro
una donna di rifondazione comunista