Silenzio. Un’attività che sembra rappresentare la caratteristica prevalente della vicenda riguardante il cantiere ex Privilege alla Mattonara e che non vuole smentirsi neanche adesso, quando invece di parole, dette e soprattutto scritte, ci sarebbe bisogno. Già, perché proprio ieri scadeva il termine entro il quale Konig e Royalton, ovvero le due società che avrebbero dovuto far partire l’attività nel cantiere comprato tre anni fa all’asta fallimentare, dovevano fornire giustificazioni all’Autorità Portuale in merito all’ennesimo mancato inizio delle operazioni.
Come si ricorderà, venerdì scorso il presidente dell’Authority, Pino Musolino, aveva annunciato che il 13 ottobre scorso l’ente aveva avviato la procedura di decadenza della concessione demaniale perdurando una situazione di stallo che, nonostante le rassicurazioni, si protrae ormai da mesi e che rende inutilizzata un’area di grandissimo pregio del retroporto. A distanza di cinque giorni dall’annuncio e dei canonici venti giorni dalla comunicazione di avvio della procedura di revoca, nulla è dato a sapere riguardo l’eventuale invio di giustificazioni da parte della società maltese. Tutto lascia ritenere che la Royalton qualcosa abbia inviato a Molo Vespucci, anche perché sarebbe assurdo che facesse mettere in moto, senza opporsi, una macchina amministrativa che potrebbe portare a farle perdere un investimento di oltre venti milioni di euro. In questi giorni, peraltro, sono state tante, e non poteva essere altrimenti, le voci sulle ragioni di un investimento comunque importante al quale non è poi seguito, almeno finora, alcun atto concreto di inizio attività. Alcuni hanno favoleggiato di possibile riciclaggio di denaro poco pulito e quindi tale da poter essere al limite perduto. Le cose, però, non stanno così. L’ipotesi più probabile è che Royalton abbia deciso di acquistare prima lo scheletro dello scafo P430 e poi il cantiere navale nella convinzione di avere al suo fianco uno o più alleati affidabili da un punto di vista finanziario e soprattutto operativo. Alleati che, evidentemente, si sono poi sfilati lasciando la società maltese col classico cerino in mano. L’operazione di riavvio del cantiere sulla base di quelle caratteristiche non si annunciava comunque facile. Altri soggetti interessati avevano infatti visitato l’area della Mattonara al momento della pubblicazione dei vari avvisi riguardanti l’avvio delle aste fallimentari. Nessuno di loro, però, aveva poi deciso di presentare un’offerta. A muoversi era ed è stata solamente la Royalton.
3 Comments
giovanni
La cosa migliore è azzerare tutto facendo fuori la Royalton se è possibile perchè chi investe 20 milioni qualche difesa nel contratto ce la mette ma soprattutto se aveva trovato altre aziende interessate, prima di spendere fa i contratti giusti con queste ultime.
Rufus TerraNera
Sono d’accordo, è impensabile che royalton e soci (?) non si siano in qualche modo tutelati, speriamo in un accordo anche a costo di rinunciare a parte o tutti i 20 milioni piuttosto che una battaglia legale di anni se non decenni. Non sfruttare in nessun modo quella preziosa area è, a dir poco, peccato
Marco
Probabilmente non ci sono aziende interessate perché il progetto ha costi troppo elevati anche per una joint venture tra società e non si ritiene si possa recuperare l’investimento e se non ci sono società interessate a collaborare ce ne saranno ancora meno a volersi caricare tutto l’investimento. A tutto questo vanno aggiunti costi di concessione troppo alti, quindi anche se revocassero la licenza il rischio che il tutto rimanga fermo per anni non è remota, a meno di non fare un cambio d’uso della zona e trasformare gli stabili in magazzini per la logistica abbassando i costi di concessione e chiedendo alla Royalton di portarsi via lo scafo, perché anche se revocano la licenza lo scafo rimarrebbe sempre di proprietà della Royalton.