“Prima si individua la malattia di Alzheimer ed altre condizioni simili e migliori saranno le opzioni terapeutiche. Ricercatori hanno scoperto un biomarcatore del sangue che potrebbe segnalare il rischio di demenza con molti anni di anticipo”. Ad affermarlo è il dottor Giovanni Ghirga nella sua nuova lettera.
“Un team del National Institute on Aging, dell’Università del Texas e della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health negli Stati Uniti – si legge nella missiva – così come di altre istituzioni in tutto il mondo, ha esaminato i dati su 10.981 individui raccolti nel corso di 25 anni.
In particolare, i ricercatori hanno analizzato il proteoma di questi individui: l’insieme completo di proteine espresse in un corpo, le quali guidano tutti i tipi di processi biologici dalla comunicazione cellulare ai livelli ormonali.
L’analisi ha rivelato 32 proteine che, se trovate a livelli insolitamente alti o bassi nel sangue nelle persone di età compresa tra i 45 ed i 60 anni, erano associate a un aumentato rischio di sviluppare demenza più avanti nella vita.
Il presente studio ha sfruttato i dati di più coorti per identificare e caratterizzare 32 proteine e 4 reti proteiche nel plasma di adulti di mezza età che erano fortemente associate al rischio di demenza nei decenni successivi.
Questo studio non si spinge fino a capire perché questi squilibri proteici sono collegati al rischio di demenza, ma gli stessi potrebbero aiutare gli scienziati a valutare più accuratamente il rischio di demenza negli anziani.
Risulta interessante notare che molte delle proteine non erano direttamente coinvolte nel funzionamento del cervello. Questo conferma i risultati delle precedenti ricerche le quali mostrano che l’insorgenza della demenza e i suoi fattori scatenanti sottostanti non sono qualcosa che accade esclusivamente nel cervello.
Molte delle proteine identificate erano collegate alla proteostasi, la sana regolazione del proteoma. Questo processo aiuta a prevenire le aggregazioni di proteine che si trovano nel cervello delle persone che hanno sviluppato l’Alzheimer.
Altre proteine hanno svolto ruoli chiave nel sistema immunitario, forse dimostrando che c’è qualcosa in una reazione o in un fallimento del sistema immunitario che aumenta le possibilità di inizio della demenza.
C’è ancora molta strada da fare con questa ricerca ma alla fine potremmo arrivare alla fase in cui il sangue può essere testato per i segni del rischio di demenza. Se questi segni vengono rilevati prima è possibile mettere in atto trattamenti personalizzati.
Un giorno potremmo comprendere appieno come iniziano condizioni come il morbo di Alzheimer e quella rivelazione potrebbe arrivare osservando squilibri ed anomalie al di fuori del cervello.
“Stiamo assistendo ad un così grande coinvolgimento della biologia periferica decenni prima della tipica insorgenza della demenza”, ha commentato a Nature il neuroscienziato Keenan Walker, del National Institute on Aging .
Keenan A. Walker et al. Proteomics analysis of plasma from middle-aged adults identifies protein markers of dementia risk in later life.Sci. Transl. Med.15,eadf5681(2023).DOI:10.1126/scitranslmed.adf5681
Circa 55,2 milioni di persone soffrono di demenza in tutto il mondo. Il numero di persone che vivono con la demenza dovrebbe salire a 78 milioni entro il 2030.
World Health organization. Global action plan on the public health response to dementia. 2017-2025.