C’è un buco (o almeno sembra tale) non da poco, visto che copre un arco temporale di circa dieci anni, nel materiale in nostro possesso che riguarda la vicenda relativa alla bonifica di Fiumaretta. Nell’ultimo articolo al riguardo, pubblicato giovedì scorso, avevamo descritto il contenuto di una notifica che nel maggio 2013 l’allora sindaco Tidei aveva inviato alla Regione Lazio, alla Provincia di Roma e all’ufficio rifiuti e bonifiche di Arpa Lazio.
In quella notifica, sottolineando che indagini ambientali avevano evidenziato la presenza di idrocarburi e metalli pesanti sia nel suolo che nelle acque sottostanti, l’allora primo cittadino, appellandosi all’articolo 152 del decreto legislativo numero 152 del 2006, annunciava che “il Comune intendeva attuare le misure di prevenzione secondo quanto stabilito dalla procedura di cui all’articolo 242 del medesimo decreto, in materia di bonifica dei siti inquinati”. Qualche mese dopo, Tidei venne sfiduciato e a Palazzo del Pincio arrivò il commissario prefettizio. Come detto in premessa, il materiale in nostro possesso sposta la storia molto più in avanti, al dicembre 2022, ad una iniziativa assunta sulla questione direttamente dalla Città Metropolitana di Roma Capitale, ovvero la ex Provincia. Possibile che in nove anni nessuno, soprattutto dopo la notifica di Tidei, si sia occupato della questione? Vale la pena di ricordare che solo due anni dopo, a fine 2015, la nuova giunta comunale a guida Cinque Stelle lanciò il programma riguardante la realizzazione del cosiddetto “polo turistico di Fiumaretta”, inizialmente e a lungo conosciuto come “outlet” ma che avrebbe portato alla nascita di diverse iniziative destinate ai crocieristi nell’area che un tempo aveva ospitato la centrale termoelettrica. Quel programma e la successiva individuazione del soggetto attuatore, avrebbero portato nelle casse di Palazzo del Pincio una somma di dodici milioni di euro spalmati in cinque anni. Della bonifica dell’area si discusse in seno alla commissione ambiente guidata da Fulvio Floccari, poi, ufficialmente, non se ne seppe più nulla. La domanda sorge spontanea: possibile che in tutto questo tempo nessuno si sia posto il problema? Sarebbero sorti un albergo ed esercizi commerciali di un certo livello sopra a terreni nel cui sottosuolo insistono idrocarburi e metalli pesanti? Ci sono, quindi, nuovi studi e, soprattutto, perché non era stata prevista una bonifica? E a quanto sarebbe ammontata la spesa? Si tratta dei 18 milioni di euro di cui ha parlato il quotidiano “La Repubblica” in un articolo del gennaio scorso? Domande rispetto alle quali non sarebbe male se arrivassero risposte. Per fare chiarezza e, una volta tanto, mostrare ai cittadini la realtà delle cose.
1 Comments
giovanni
Cara TRC dei cittadini non importa una mazza ai nostri amministratori!
Pensateci solo un poco .
1 – Tutta l’area è di proprietà di Civitavecchia
2 – se qualcuno è andato in crociera avrà visto che il percorso per il rientro a bordo si deve passare attraverso una zona dedicata allo shopping
3 – nel caso di vendita all’autorità portuale si fa un accordo sul 50% di chi dei locali dovrà aprire negozi nell’area e in più la realizzazione delle strutture andrà realizzata da aziende cittadine a gara.
Pensando su quanto incasserà Civitavecchia con questi accordi per chiudere le discussioni Ciitavecchia organizza una serie di sondaggi per verificare la situazione sotterranea dopo di che se ne riparlerà.