Civitavecchia ha perso la battaglia del grano. Non vengono in mente altre immagini andando a compiere una verifica dei traffici portuali degli ultimi dieci anni resa possibile grazie alla pubblicazione, avvenuta nei giorni scorsi da parte dell’Autorità Portuale, dei dati riferiti al 2020 e andando a spulciare all’interno delle cosiddette rinfuse solide. Si parla, per spiegarlo ai non addetti ai lavori, di quello che viene comunemente definito il traffico commerciale del porto, ovvero quello che storicamente è stato rappresentato dalle merci non liquide. Ebbene, nel calo del 68% delle rinfuse solide che si è manifestato nell’arco di un decennio, quando si è passati dal milione e 228mila tonnellate del 2010 alle 392mila tonnellate del 2020, un ruolo importante lo hanno le cosiddette granaglie.
Un traffico scomparso in conseguenza della demolizione dei silos, avvenuta nel marzo 2012 tra squilli di trombe, rulli di tamburi ed unanime entusiasmo. I silos dovevano essere ricostruiti all’interno della darsena energetica grandi masse, la quale, però, è rimasta il classico sogno nel cassetto. Va considerato che proprio quella tipologia di traffico rappresentava nel 2010 il 9,2% del complessivo della movimentazione di rinfuse solide e adesso viene comunque lavorata a cifre record in altri porti, sia del Tirreno che dell’Adriatico. A Livorno il 2020 si è chiuso a quota 160.000 tonnellate, a Napoli si sono superate le 375.000 tonnellate, a Ravenna le 860.000 e a Bari, addirittura, si è toccato il record di 2 milioni e 332mila tonnellate. Se Civitavecchia avesse mantenuto e magari incrementato le sue oltre 100mila tonnellate annue di movimentazione delle granaglie, la crisi che si trascina praticamente da un decennio sarebbe stata meno pesante e ci sarebbe stato molto più lavoro per tanti settori del porto. Insomma, la crisi dei traffici delle merci nel porto di Civitavecchia non è conseguenza del coronavirus, ma di scelte che purtroppo si sono rivelate sbagliate. Come quella, ad esempio, dell’abbattimento dei silos e alla conseguente rinuncia di un traffico, quello dei cereali, che avrebbe potuto magari essere mantenuto se prima di abbattere i vecchi “cilindroni” di cemento si avesse avuto la lungimiranza di collocarne altri facilmente rimuovibili in un’altra area del porto.
M. C.
2 Comments
giovanni
rassomiglia molto all’attuale desiderio di politici cortomiranti chiudere TVN senza aver almeno pensato a come ricoprire la perdita di lavoro..
Rufus TerraNera
Eh già, peccato che quei pochi lungimiranti addetti del settore che anni fa hanno cercato di metterci in guardia, anticipando esattamente quello che è successo, sono stati ridicolizzati, derisi tacciati di incompetenza e di iettatura da quella politica e da quegli imprenditori che “tra squilli di trombe, rulli di tamburi ed unanime entusiasmo” hanno decretato la morte del settore. In nome del crocerismo che a Civitavecchia lascia le briciole, adesso neanche quelle. Sai adesso come se la ridono a Livorno, Napoli e Bari. Grazie Moscherini, grazie Di Majo.