“Ormai da molti anni si sta consolidando, in tutta la provincia e non solo, un’usanza barbara ed ignorante che riguarda l’abitudine di convocare d’urgenza il giardiniere, o chi per tale si spaccia, appena prima della caduta delle foglie per “potare” le piante ed ottenere cosi la dispensa dalla fatica di raccogliere le foglie stesse. Se ci mettiamo un attimo dalla parte delle piante questo è un errore decisamente grave e risulta ancora più grave quando a commetterlo sono operatori del settore che dovrebbero, anzi devono sapere, quali sono le evidenti conseguenze che un intervento del genere comporta”.
“Senza volersi dilungare sulle implicazioni metaboliche delle “potature settembrine” basta ricordare che questo è un momento fondamentale per la vita delle piante, ovvero il momento in cui capitalizzano il lavoro dell’intera annata, mobilitando le risorse verso gli organi di riserva e recuperando tutte le energie per poter affrontare positivamente il periodo invernale e riprendere a vegetare rigogliosamente nella primavera successiva. Se noi andiamo ad eliminare anticipatamente parti della sua struttura interrompiamo il flusso delle sostanze e rischiamo di provocare stress difficilmente superabili dagli esemplari. Non possiamo aspettarci che l’intera popolazione, spesso giustificatamente ignorante in materia, sia al corrente di tutto ciò e quindi, in un certo senso, potremmo anche comprenderne il comportamento, ma il giardiniere, ovvero colui che dovrebbe rappresentare il custode della conoscenza della materia, dovrebbe sentire l’obbligo morale di evitare di eseguire un simile lavoro, avendo la cura e la pazienza di cercare di argomentare le motivazione della sua scelta e posticipando l’intervento al periodo più consono. Inoltre c’è da considerare che da qualche anno a questa parte, si è assistito ad un costante cambiamento delle condizioni climatiche che hanno spostato il termine della stagione vegetativa sempre più avanti, cosi come hanno accelerato la ripresa, riducendo drasticamente il periodo utile per effettuare interventi di potatura esenti da controindicazioni per le piante. Un tempo si era soliti dire che “la potatura si fa in inverno” ma questo non può e non deve essere ragionevolmente legato ad uno specifico arco temporale, quanto ad una condizione metabolica dell’albero che dovrebbe rappresentare l’unico indicatore in grado di fornirci l’epoca corretta per eseguire un intervento cesorio. Non esiste quindi un periodo prefissato in cui si possa effettuare una potatura corretta e non dobbiamo fare completo affidamento sui ricordi dei nostri nonni: le stagioni sono cambiate e con esse anche il comportamento delle piante. Dobbiamo anche ricordare che spesso piante non potate risultano più longeve e, in molti casi, meno pericolose rispetto a quelle che hanno dovuto sopportare amputazioni violente di parti della loro struttura, sulle quali pullulano degradazioni del legno provocate da agenti cariogeni e cavità di ogni genere. È comprensibile che in alcune situazioni l’albero non possa essere lasciato crescere naturalmente, perché in qualche modo si trova ad interferire con le attività o le strutture antropiche, ma debba essere opportunamente gestito. La potatura dovrebbe essere però concepita come un mezzo per aiutare la pianta a convivere con l’uomo e non come una possibile trasformazione dell’albero in “attaccapanni” o in qualche altra “figura avveniristica”, unicamente al fine di raccogliere il minor numero di foglie o nella infondata speranza di risparmiare qualche euro nella sua futura gestione. Dovremmo ricordare la vera funzione degli alberi e quindi pensare che oltre alla loro facoltà di fornirci ossigeno e capitalizzare la CO2 hanno anche il compito di fornire piacere ai nostri occhi …per questo vengono detti ornamentali!”.
Riccardo Benedetti – Agronomo