Spett/le Redazione,
non vorrei solamente unirmi al coro delle doglianze sulle (ormai troppe!) manchevolezze del nostro Ospedale, ma tengo a richiamare l’attenzione che merita (alla pari ed a mio avviso fors’anche più di qualche altra) l’assenza di una Unità di Radioterapia, che è assurdo che ancora manchi al servizio sanitario di un comprensorio esteso quanto il nostro. Del problema ho constatato che si parla , e s’è sempre parlato, poco o nulla,
forse perché poco o per nulla conosciuto al di là della ristretta cerchia degli “addetti ai lavori” e di chi (parlo delle famiglie e delle associazioni di volontariato che cercano di sopperire per quanto possono) direttamente lo subisce o collateralmente lo vive a fianco degli sfortunati bisognosi.
Sarà forse perché la parola “cancro” continua ad evocare paure e rimozioni ancestrali, io dubito che siano in molti, compresi i politici che tanto (dicono) di tenere alla pubblica salute, e le istituzioni stesse che dovrebbero ancor più farsene carico, a voler seriamente privilegiare e denunciare in tutta la sua drammaticità il problema di quei tanti (e sono davvero tanti!) ammalati locali di tumori che sono costretti ad un umiliante pendolarismo della sofferenza quando, giunti ormai all’ultimo stadio del ricorso alla radioterapia come estremo rimedio, vi si devono sottoporre in Centri plurichilometricamente lontani dalla nostra città.
Io non so nemmeno quanto diffusa sia nella pubblica conoscenza la consapevolezza del travaglio fisico e psicologico che sfianca ed avvilisce chi è costretto per settimane e mesi (un ciclo di “radio” non dura mai meno di 5 settimane) a lunghe ed estenuanti “vie crucis” quotidiane, in già depresse e compromesse condizioni fisiche, per raggiungere i Centri attrezzati?e per pochi minuti di terapia, perché tanto durano le irradiazioni giornaliere, che impongono comunque la spesa di altrettante mezze giornate!
Ed ho anche qualche dubbio che siano in tanti a sapere delle emorragie economiche di stipendi, pensioni e risparmi che svuotano le risorse materiali dei singoli sfortunati e delle loro famiglie (quando li aiutano!) per sostenere i costi delle trasferte giornaliere verso Roma, Viterbo o Monfiascone o Albano Laziale, quando non oltre, e che non mi risulta che vengano coperte da alcuna forma di rimborsi dalla Sanità Pubblica.
Né se quei pochi che lo sanno sia siano mai posti la domanda: e chi i soldi non ce l’ha? E chi i soldi li ha esauriti e non sa più a quale santo rivolgersi? Che fanno questi? Interrompono le cure e lasciano libero il Male (ed a questo punto si invoca che faccia anche presto!) a completare la sua opera?
E’ purtroppo la solita, italica storia: chi non fa rumore non esiste! E purtroppo gli infelici di cui si parla non hanno più né la forza, e nemmeno più la voglia di battere grancasse!
L’unico auspicio che possano farsi (quelli che ancora non sono irreversibilmente condannati!) è che chi ha voce e titolo per farlo, politici ed istituzioni in primis, vogliano riservare un’attenzione, più di sentita e stimolante indignazione che di vuota pietà, a quel loro mondo sommerso e negletto e si diano seriamente da fare per dotare questo nostro disastrato nosocomio di una efficiente Unità di Radioterapia ove agevolmente accedere .
Si può sperare che il loro muto appello raggiunga almeno stavolta qualcuna delle varie “fabbriche” o “laboratori” ove si vanno elaborando gli impegni programmatici per le prossime scadenze elettorali?
Grazie e vogliate capirmi se torno ad insistere sull’argomento, che mi pare troppo importante per rischiare di farne sbiadire la memoria. Saluti distinti.
Gennaro Goglia