La Medjugorje del bel paese era lì, a portata di mano, ma la grande occasione di un boom turistico miracolaro è volata via, come il palloncino che sfugge di mano al bambino alla sagra del paese, e diventa irraggiungibile e beffardo. Così, dopo la lunga stagione dei fasti televisivi e sulla carta stampata di ogni genere e tipo, la madonnina che piangeva sangue, la statuina triste, stampata in serie, è piano piano tornata al suo gracile destino: non una star, protagonista di un solo film popolare, dal successo fatuo, di un’unica stagione, e poi tornata nei ranghi, dimenticata.
Travolgenti, adrenalinici, indimenticabili i giorni, la stagione delle prime pagine dei giornali nazionali guadagnate con facilità, degli inviati che si spartivano fra la sede comunale, la casa del vescovo e l’epicentro del terremoto mediatico: Pantano con la sua chiesina da colonia africana, la trattoria familiare, il campetto brullo del calcio domenicale, la lunga fettuccia frondosa di eucalipti profumati, fino alle dune di sant’agostino. Un santo, lui, e la parabola del bambino che attinge l’acqua del mare verde, spumoso e non si lascia intimidire, è pronto di parola. Un altro miracolo, quello della scia rossastra che percorreva il mantello della madonnina lattea, che finì fra le notizie d’agenzia in un periodo di stanca della cronaca, e che suscitò subito curiosità e attenzione: smodati, esagerati. Nelle redazioni della cronaca arrivò questo lampo che illuminò la semioscurità di notizie poco accattivanti, di penuria di fattacci, di scandali a effetto. E la Piccola Città si trovò per miracolo, è proprio il caso di dirlo, sulla graticola mediatica, anche internazionale. La madonnina con le sue lacrime faceva notizia, tirava. Pantano divenne l’ombelico del mondo, ben al di là e al di fuori della devozione e della fede. Ci mancava solo sky tg 24, ancora di là da venire, e la sarabanda sarebbe stata ineguagliabile. Un assedio continuo di troupe televisive, da tutto il mondo, un calpestio sfrenato nel praticello della villetta della famiglia della statuina, desertificato. E poi le interviste al vescovo, al sindaco, al parroco, e sempre più giù: alla vicina di casa, alla parrocchiana devota, al contadino folgorato, al signor Vittorio stordito e un po’ scettico. La Piccola Città nel tritacarne, per giorni e giorni, settimane e mesi. Tutti sorridenti gli uomini e le donne della Madonnina, sempre in primissimo piano: protagonisti di una favola bella, improvvisa e insperata. La statuina bianca era, e poteva essere, ben altra cosa del totem a strisce bianche e rosse della centrale che si stagliava, e si staglia, con la sua aureola di fumi poco vicino al luogo miracoloso. E sì, perché le orde di giornalisti furono gli apripista della discesa in massa del popolo credente, affamato di curiosità. Carovane di macchine, pullman con gruppi di preghiera organizzati, delle più diverse estrazioni del credo, raggiunsero sgomitando l’oasi del bene e della speranza. Predicatori, santoni, veggenti, cialtroni si affannarono attorno alla chiesetta. Penosa e toccante la presenza delle carrozzine degli ammalati gravi, pronti a tentare anche questa, al seguito di sciamani con megafono per un tour, tutto compreso nel prezzo. E poi la fede di chi ci crede davvero e, allora, come sempre, restò un po’ in disparte, a guardare in silenzio la statuetta che aveva scatenato il casino. “Costruiremo un santuario!”: un proclama convinto, perché, ai tempi, vent’anni fa, il miracolo era miracolo, la gente accorreva da ogni dove, anche dall’estero, e la spianata di Pantano non reggeva l’urto. “Costruiremo alberghi!”. La vocazione turistica tanto bramata, sperata, era a portata di mano. E poi c’era anche Michael Jackson con il suo parco sulla collina, in arrivo con l’elicottero un giorno sì e uno no. La festa durò a lungo, scomodò studiosi, scienziati, scrittori, giornalisti e opinionisti di grande fama, e di spessore, come si dice ora. Dibattiti infuocati, interviste esclusive, scoop e panzane a ripetizione. Poi, piano piano, la dolce, malinconica madonnina è stata un po’ dimenticata, è uscita di scena come il Benigni del film di Woody Allen “To Rome with Love”. Alle carovane di torpedoni si sono sostituite le gite di qualche pullman di anziani a prezzi modici: cappuccino e cornetto, pranzo con acqua vino e caffé, dimostrazione di batteria di pentole da cucina. Il santuario, l’albergo, e anche il parco del paese dei balocchi del king of the pop, sono sfuggiti dalle mani trepidanti di tanti bambini della Piccola Città, delusi, ancora e sempre, per una nuova occasione mancata. Questa volta davvero miracolosa. Loro non sono stati miracolati. Pantano è tornato Pantano, la trattoria è tornata trattoria, c’è qualche bancarella di souvenirs fuori della chiesa, qualche pullman ogni tanto e qualche macchina in più. E ora c’è un anniversario col ricordo di giorni indimenticabili e irripetibili. Ma dopo l’ultimo ciak il set si è spostato, non resta che rivedere, dopo tanto tempo, il film. Peccato per il finale.