Tu vai al Pirgo. Non quello delle pagodine, delle passerelle, della dame col cappellino, della Roma bene in vacanza. Non più quello, che non c’è più da quasi un secolo. E neppure quello rabberciato alla meglio degli anni del boom. Ma quello popolare, dei giorni nostri: della spiaggia che i morsi delle mareggiate si stanno portando via, delle arcate in metallo che la ruggine se le porta via, e via discorrendo. Ma rimangono, nonostante tutto, le famiglie della spiaggia libera, in città.
Voi direte, e avete ragione, col freddo di questi giorni questo si mette a parlare di sdraie, ombrelloni, bagni di mare? Che s’è sfasato; è passato ai cinquestelle? E io rispondo che non posso essere passato dalla parte degli strabici, che lo strabismo se li porta via anche riguardo al Pirgo. Lunghe chiacchierate fra amici, conoscenti all’ombra delle arcate, nuotate intorno all’isolotto, e passeggiata immancabile sul pontile: la colonia rumena ben integrata sulla sinistra, verso la marina, gli indigeni sulla destra, con qualche eccezione che riguarda l’incursione di crocieristi nordici con accapatoio col nome della nave. Sul moletto apri i polmoni ai sapori del mare, ti incanali nel via vai continuo delle biciclette e dei passeggiatori. E poi, verso il forte Michelangelo, ti saluta la roccaforte dei Pirati. All’inizio, lo ricordo bene, c’era solo la classica bandiera nera che contrassegnava la presenza di questo gruppo di buontemponi paciocconi. Biciclette appoggiate vicino agli scogli, teli da mare, qualche seggiolino e un continuo ricevimento di ospiti di passaggio. E due parole, qualche battuta la scambiavi volentieri. Tutto pulito e in ordine, anche dopo l’annuale spargimento di monnezze varie per i fuochi del ferragosto. La bandiera nera intanto, stagione dopo stagione, è stata attorniata da altre bandiere multicolori che, anche nei giorni di bonaccia, si dispiegavano e attiravano l’attenzione. Puntualmente croceristi e forestieri non mancavano di farsi la foto ricordo con lo sfondo di questo avamposto dei Pirati. Un po’ come succedeva per la statua del marinaio e dell’infermiera. E qui vengo al punto e al riferimento estivo, e ai cinquestelle. “La fantasia al potere” fu fra gli slogan dei movimenti del ’68. Attenzione, non fu solo uno slogan, una frase buttata lì, per fare colore. Il potere, come era nella logica dei fatti, non fu conquistato, ma la fantasia, molti cambiamenti nel costume arrivarono puntualmente. Non sto qui a fare un’analisi sociologica che non mi compete: parlo di minigonne, di ragazze con i pantaloni, di scuole liberate dai grembiuli e dalle classi divise per sesso, e tanto altro. Che c’entrano la statua del bacio e le bandiere dei pirati col ’68? Qui un movimento è arrivato al potere, ce l’ha fatta, e come movimento ci si aspettava, diciamo meglio, in molti erano curiosi di toccare con mano il cambiamento, la fantasia. Via al grigiore della vecchia politica, e tutti appresso al comico, a sghignazzare. Bastava conoscere lo sgignazzatore urlante di alcune partecipazioni televise di diversi anni fa, per capire come sarebbe andata a finire. Ma quale fantasia, ma quale cambiamento. Solo urla, slogan e sberleffi volgari contro tutti. Questo era il comico e questo è, e rimane, esso e il suo movimento, che sbaracca la statua del bacio e le festose bandiere dei pirati della Piccola Città. Ma quale fantasia. Ma quale movimento. Ma quali applicazioni delle leggi. Gli è che questi, che a qualche nostalgico frustrato gruppettaro vorrebbe nella famiglia della sinistra, sono destrorsi, per non dire fascistoidi di brutto, per storie e radici personali. E il loro comportamento ne è la logica conseguenza. La pletora dei sinistroidi che ha votato in massa il movimento qui, come a Roma, non l’aveva capito? La Raggi, tanto per dire, ch c’azzecca con la fantasia al potere? E il sindaco di qui, a parte il sorriso inquetante, che rappresenta? Rappresenta i bacchettoni, i reazionari capaci solo di distruggere, senza un filo di fantasia, di elasticità mentale. Che male facevano le bandiere dei pirati? Magari distoglievano l’attenzione dal degrado del Pirgo e della Marina che, anno dopo anno, sta scomparendo e si sta portando via le baracchette con sedie di plastica da terzo mondo, che pure rimangono lì a fare da paesaggio. Bel vedere. E bello, ancor più, il colpo d’occhio di piazza Leandra che ora, oltre ad essere ingombra di macchine in sosta, è ingolfata dai vasi con ulivi ammucchiati a ridosso della chiesa, attorniati, puntalmente, dalle auto in sosta selvaggia. E la visuale del vecchio ospedale con le pacchiane vasiere bianche di cemento addossate al muro? Suggestivi e paesaggistici i secchioni sgangherati e trabordanti, il marciapiede che non c’è più fra la ex Standa e via Cialdi. Ad allietare i cuori arrivano i mercanti di Massa e il blocco paesaggistico-ecologicio del traffico, per quattro biciclette di quattro fanatici che bloccano le attività dei negozi: le briciole, per un selfie, pacchiano, a cinquestelle.