“Negli ultimi anni il cambiamento climatico è diventato uno dei temi principali di discussione globale, con evidenze sempre più chiare che indicano come stia influenzando non solo gli ecosistemi, ma anche le società umane e i loro schemi migratori. Il riscaldamento globale e gli eventi meteorologici estremi stanno costringendo milioni di persone a lasciare le proprie terre, creando una nuova ondata di migrazioni che non sempre riceve l’attenzione politica e internazionale che merita. Questo articolo approfondisce le interconnessioni tra cambiamenti climatici, migrazioni forzate e la risposta di una politica spesso cieca e inefficace”. Ad affermarlo è il dottor Giovanni Ghirga nella sua nuova lettera.
“Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – spiega il medico – nel 2022 circa 7,4 milioni di africani sono stati costretti a migrare a causa degli effetti del cambiamento climatico. Le ragioni di questa migrazione variano, ma includono eventi improvvisi come cicloni e inondazioni, le quali costringono le persone a lasciare le proprie case in cerca di sicurezza. Gli eventi climatici lenti, come la desertificazione e l’innalzamento dei mari, contribuiscono alla crescente instabilità, spingendo le popolazioni a cercare migliori opportunità economiche in aree urbane, dove però le condizioni di vita possono essere precarie.
Questa migrazione ha ripercussioni significative non solo per i migranti stessi, ma anche per le comunità che li accolgono e per i paesi da cui provengono. La dottoressa Houriiyah Tegally, dell’Università di Stellenbosch, mette in guardia sugli effetti devastanti che i trasferimenti forzati possono avere sulla salute pubblica. Le persone in movimento portano con sé non solo la loro cultura e competenze, ma anche il rischio di diffusione di malattie infettive. Gli scienziati hanno scoperto che più della metà delle malattie infettive conosciute potrebbero essere aggravate dai cambiamenti climatici, creando un circolo vizioso in cui la migrazione alimenta l’insorgenza di nuove epidemie.
Le migrazioni climatiche possono avvenire in due modi: quelle di “rapida” insorgenza, causate da disastri naturali, e quelle di “lenta” insorgenza, dovute a cambiamenti ambientali graduali. Nel primo caso, le persone spesso si spostano temporaneamente, mentre nel secondo caso potrebbero cercare una nuova vita lontano dalle loro terre d’origine. Ad esempio, la recente siccità in Somalia ha portato un milione di persone a lasciare le loro case, evidenziando l’impatto profondo delle condizioni climatiche sulla sicurezza alimentare.
Gli scienziati prevedono che entro il 2050 fino al cinque per cento della popolazione africana, pari a 100 milioni di persone, potrebbe trovarsi in movimento a causa del cambiamento climatico. Sebbene si preveda che la maggioranza di queste migrazioni avvenga all’interno dei confini nazionali o del continente, questo flusso crescente di persone rappresenterà una sfida enorme per le politiche di accoglienza e integrazione.
In questo contesto emerge la critica alla politica nazionale e internazionale, spesso incapace di affrontare la portata delle migrazioni indotte dal clima. Le risposte governative sono frequentemente nazionalistiche e reattive, piuttosto che preventive e lungimiranti. L’accento sulla sicurezza e sulla chiusura delle frontiere genera tensioni e conflitti, mentre è necessaria una cooperazione globale che riconosca il fenomeno migratorio come un’espressione della crisi climatica.
Inoltre, gli effetti delle migrazioni climatiche sono amplificati in contesti di povertà, conflitti e mancanza di risorse. I migranti climatici, spesso costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento, si trovano in situazioni igieniche precarie che favoriscono la diffusione di malattie infettive come malaria e dengue. La mancanza di servizi sanitari adeguati rende ancor più problematica la situazione.
I ricercatori mettono in guardia inoltre sul rischio che i cambiamenti climatici portino a nuove interazioni tra esseri umani e fauna selvatica, creando ulteriori opportunità per la diffusione di patogeni. La necessità di affrontare questi dilemmi attraverso politiche sanitarie e migratorie integrate è più urgente che mai.
I cambiamenti climatici e le migrazioni umane indotte devono essere affrontati, dunque, con una visione complessiva e integrata. Le politiche nazionali e internazionali devono riconoscere la realtà delle migrazioni climatiche e sviluppare strategie per gestirle in modo umano e sostenibile, oltre a rispondere proattivamente agli impatti sulla salute pubblica e sulla stabilità sociale. Questo richiede un cambiamento di paradigma, in cui i diritti dei migranti e la salute delle popolazioni siano al centro delle strategie politiche. Solo attraverso un approccio cooperativo e lungimirante sarà possibile affrontare le sfide del futuro in un mondo sempre più influenzato dai cambiamenti climatici”.
B. Farmer. The Telegraph. 5 September 2024.